CIVILTÀ DEL LAVORO
II • 2014
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è meglio rinunciare all’ipotesi di sforamento inizialmente
ventilata da Renzi, perché non ci sono le condizioni per
condurre questa battaglia e si rischia un ulteriore abbas-
samento del vincolo, cosa che con una crescita del Pil an-
cora bassa non sarebbe affatto conveniente.
Secondo una ricerca del settimanale inglese “The Econo-
mist”, inoltre, dal ’99 (anno del debutto dell’euro) a oggi
l’Italia è l’unico trai i Paesi dell’eurozona che ha visto di-
minuire il proprio Pil, a fronte di un incremento più o me-
no cospicuo negli altri Paesi, che nel caso della Germania
ha raggiunto il 21%.
Se dunque l’Italia deve fare i cosiddetti compiti a casa,
per l’Europa l’unica vera risposta al momento è spingere
per la conclusione dell’Accordo di Libero Scambio con gli
Stati Uniti. “Insieme – conclude – Usa e Ue non avranno
più da temere il Dragone cinese”.
“L’Italia dovrebbe fare un profondo esame di coscienza
sul perché finora non è stata all’altezza della sfida euro-
pea” ha aggiunto Gianpaolo Galli, economista, già diret-
tore generale di Confindustria e oggi deputato del Parti-
to Democratico, che ha respinto drasticamente le analisi
consolatorie del tipo “se oggi ci fosse la lira, avremmo già
svalutato e potremmo esportare di più”. Approccio total-
mente sbagliato per Galli, secondo il quale proprio così
l’Italia si è scaricata negli scorsi decenni dalle proprie re-
sponsabilità e non ha messo mano alle riforme, non ha
per esempio abbassato il costo del lavoro e non ha ridot-
to la spesa pubblica, non ha ristrutturato il sistema indu-
striale in funzione dei nuovi competitor e dei nuovi sce-
nari internazionali. Un percorso che invece, come è noto,
i tedeschi hanno fatto nel decennio scorso.
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al passato. Cinque anni di crisi hanno cambiato la psico-
logia del Continente, facendo risorgere nazionalismi pre-
bellici che sembravano ormai archiviati, e hanno mostra-
to un’Europa divisa ancora su tanti fronti: innanzitutto la
politica finanziaria, con il conflitto permanente tra Paesi
del Nord e del Sud e con un’Unione bancaria ancora da
completare, ma anche la politica energetica, nella qua-
le profonde sono le differenze nel rapporto con il grande
fornitore russo, e la politica ambientale, promossa con vi-
gore dagli Stati politicamente più forti.
Divisioni che a un livello più generale, con una semplifi-
cazione forse eccessiva ma efficace, vede contrapposte
un’Europa nordica e protestante a un’Europa meridionale
cattolica. E da qui scaturisce la devozione al “sacro totem
della stabilità” da parte dei tedeschi. Gli stessi che nel mar-
zo del 2010, racconta Cerretelli, quando la crisi greca era
ancora all’inizio, titolavano sulla prima pagina della Bild:
“Perché non vendono Rodi e le isole per ripagarsi il debi-
to?”. “Un insulto alla dignità dei popoli – ha commentato
la giornalista – che ha prodotto ferite per rimarginare le
quali servirà tempo”.
E l’Italia? Lo spazio di manovra per il nostro Paese è li-
mitato. La Commissione europea si aspetta nei prossimi
mesi un piano di riforme credibile, in assenza del quale
scatterà una raccomandazione formale che sarà appro-
vata dall’Eurogruppo. “Non avremo la troika in casa – ha
affermato Cerretelli – ma saremo super sorvegliati, alla
stregua di Paesi come la Croazia e la Slovenia”.
L’Italia deve attuare le riforme strutturali, mentre per
quanto riguarda il vincolo del 3% nel rapporto deficit/Pil,
Adriana Cerretelli
Giampaolo Galli