Civiltà del Lavoro, n. 2/2014 - page 20

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CIVILTÀ DEL LAVORO
II • 2014
TANTI GLI
OSTACOLI
ALLA
COMPETITIVITÀ
di Alberto Quadrio Curzio, Professore Università Cattolica del Sacro Cuore
Se l'Italia avesse fatto effettivamente le riforme necessarie nel corso degli anni dell’euro,
saremmo molto vicini all’economia tedesca, lo siamo comunque in determinati segmenti che
sono quelli delle imprese che esportano. L'Europa è il nostro destino, ma dobbiamo usare tutta
la nostra forza per intraprendere una via di crescita.
addirittura negli anni ’30, quando quasi nessuno pensava
alla costruzione europea. Rivediamo De Gasperi, la tradi-
zione socialista e socialdemocratica di Altiero Spinelli e
poi la grande tradizione del popolarismo tedesco, quella
commistione tra tendenza socialista, socialdemocratica e
tendenza popolare che fu il connubio tra Jean Monnet e
Robert Schuman. Credo che non dobbiamo dimenticare
queste persone perché avevano visione, guardavano lon-
tano, non guardavano alla ragioneria dei decimali. L’Euro-
pa era un progetto, non era una contabilità.
Farei ora due osservazioni sull’Italia e due sull’Europa. Per
quanto riguarda l’Italia è ovvio il confronto tra la cresci-
ta del prodotto interno lordo
italiano e la crescita del Pil
dell’Eurozona. È un confron-
to banale, ma necessario.
Si vede come il tasso di cre-
scita italiano sia sempre sta-
to più basso del tasso di cre-
scita dell’Eurozona, con dei
divari mostruosi, soprattut-
to quello che si è verificato
nel 2012, quasi due punti
percentuali sotto. Sappia-
mo che il 2012 è stato l’an-
no della grande stretta in
Italia, che peraltro era già
iniziata anche prima a cau-
sa del nostro grande debito
pubblico. Quindi, è assodato
che a partire dal 1995 noi
PARTIREI CON
una auto-definizione, ciascuno di
noi infatti in modo consapevole o inconsapevole ha una
propria identità. Personalmente mi autodefinisco un “eu-
ropeista razionale o riformista” e anche un “italo-europei-
sta”. Sono, dunque, distante dagli euro-entusiasti, così co-
me sono distante dagli euro-antagonisti o euro-disfattisti.
Comincio ricordando quattro personalità che, apparente-
mente diverse tra di loro, rappresentano tre grandi ideali
della democrazia europea: l’ideale del popolarismo, rap-
presentato da Alcide De Gasperi; l’ideale della socialde-
mocrazia, rappresentato da Giuseppe Saragat, che fu il pri-
mo presidente dell’Assemblea Costituente Italiana, quella
dalla quale uscì la nostra Co-
stituzione; Luigi Einaudi, un
grande liberale, che ricorda
per l’appunto la tradizione li-
berale italiana, grandissima,
il quale fu il primo Presiden-
te della Repubblica; ed Enri-
co De Nicola, anch’egli tra il
liberale e il socialdemocra-
tico, che fu invece il primo
Capo provvisorio dello Sta-
to. Spesso dimentichiamo
le radici culturali non solo
dell’Italia, ma anche le ra-
dici culturali che l’Italia ha
fornito all’Europa.
Passando ai grandi “costrut-
tori dell’Europa”, anche Ei-
naudi lo fu ante litteram,
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