Civiltà del Lavoro, n. 2/2014 - page 27

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CIVILTÀ DEL LAVORO
II • 2014
ca di tipo protestante, che
vuole punire chi abbia spe-
so troppo, con riferimento
alla Grecia e come potreb-
be capitare a noi.
Ecco allora il tema di un’Eu-
ropa che si occupa solo degli
interessi economici, come
ha detto Quadrio Curzio, non
di tutti, ma che ha appunto
una visione molto unilatera-
le. Un’Europa euro-burocra-
tica o tecnocratica, con una
dimensione elitaria, che ha
come unico obiettivo quello di imporre l’austerità. Sentia-
mo dire che forse è necessaria l’austerità, ma non fino al
punto di sacrificare il Pil per garantire la stabilità.
Tutto questo ci porta a rischiare di dimenticare l’Europa
dei popoli, il significato dell’unione degli Stati. Non riesco
ad immaginare il rischio di uscire dall’euro, anche quan-
do chiedo agli economisti cosa potrebbe capitare, perlo-
meno nel periodo transitorio .
Tutto questo sembra il terreno di una campagna eletto-
rale, nella quale rischiamo di buttare via il bambino con
l’acqua sporca. Cioè ritenere che, tanto vale buttare via
tutta l’Europa, invece di cercare di salvare quanto c’è di
positivo e di cambiare il resto.
Questo è il discorso che a me sembra di poter fare di fron-
te ad un’Europa che va male, ma senza la quale sicura-
mente staremmo molto peggio.
Il problema è capire se dobbiamo prima riformare l’Italia
e poi chiedere seriamente
di riformare l’Europa, oppure
continuare a cullarci nell’i-
dea che si debba riformare
prima l’Europa per essere
poi costretti a riformare l’I-
talia, come abbiamo fatto fi-
no adesso. E nel frattempo
assistere ad una radicalizza-
zione che ci fa correre il ri-
schio di buttare via l’Europa.
C’è stata una sentenza re-
cente, quella sul caso Exor,
da parte della Corte di Stra-
sburgo, nella quale si è affermato un principio che la Cor-
te dei Diritti Umani affermava da tanto tempo e che ri-
schia di provocare un terremoto nel nostro ordinamento
nazionale. È una sentenza che dice una cosa sacrosanta,
ovvero che non si può essere condannati due volte per
lo stesso fatto, per lo stesso comportamento. È un prin-
cipio di civiltà notevole, fondamentale. Questa sentenza
può avere conseguenze sconvolgenti sul nostro ordina-
mento giuridico. Eppure, tranne Guido Rossi, che ha scrit-
to un articolo ricordando, appunto, che quella sentenza
gli faceva venire in mente il fatto che “c’era un giudice a
Berlino che adesso non c’è più”, questa sentenza gli altri
l’hanno ignorata bellamente.
Forse dobbiamo cominciare ad occuparci del fatto che l’Eu-
ropa non è solo spread, non è solo Pil, ma è quel Pil più
ampio che deriva dallo spazio di libertà, sicurezza e giusti-
zia e dobbiamo battere i pugni sul tavolo per attuarlo.
RISCHIAMO DI BUTTARE VIA
IL BAMBINO CON L’ACQUA
SPORCA. CIOÈ RITENERE
CHE, TANTO VALE BUTTARE
VIA TUTTA L’EUROPA, INVECE
DI CERCARE DI SALVARE
QUANTO C’È DI POSITIVO
E DI CAMBIARE IL RESTO
Parlamento Europeo, sede di Strasburgo
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