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CIVILTÀ DEL LAVORO
II • 2014
ca di tipo protestante, che
vuole punire chi abbia spe-
so troppo, con riferimento
alla Grecia e come potreb-
be capitare a noi.
Ecco allora il tema di un’Eu-
ropa che si occupa solo degli
interessi economici, come
ha detto Quadrio Curzio, non
di tutti, ma che ha appunto
una visione molto unilatera-
le. Un’Europa euro-burocra-
tica o tecnocratica, con una
dimensione elitaria, che ha
come unico obiettivo quello di imporre l’austerità. Sentia-
mo dire che forse è necessaria l’austerità, ma non fino al
punto di sacrificare il Pil per garantire la stabilità.
Tutto questo ci porta a rischiare di dimenticare l’Europa
dei popoli, il significato dell’unione degli Stati. Non riesco
ad immaginare il rischio di uscire dall’euro, anche quan-
do chiedo agli economisti cosa potrebbe capitare, perlo-
meno nel periodo transitorio .
Tutto questo sembra il terreno di una campagna eletto-
rale, nella quale rischiamo di buttare via il bambino con
l’acqua sporca. Cioè ritenere che, tanto vale buttare via
tutta l’Europa, invece di cercare di salvare quanto c’è di
positivo e di cambiare il resto.
Questo è il discorso che a me sembra di poter fare di fron-
te ad un’Europa che va male, ma senza la quale sicura-
mente staremmo molto peggio.
Il problema è capire se dobbiamo prima riformare l’Italia
e poi chiedere seriamente
di riformare l’Europa, oppure
continuare a cullarci nell’i-
dea che si debba riformare
prima l’Europa per essere
poi costretti a riformare l’I-
talia, come abbiamo fatto fi-
no adesso. E nel frattempo
assistere ad una radicalizza-
zione che ci fa correre il ri-
schio di buttare via l’Europa.
C’è stata una sentenza re-
cente, quella sul caso Exor,
da parte della Corte di Stra-
sburgo, nella quale si è affermato un principio che la Cor-
te dei Diritti Umani affermava da tanto tempo e che ri-
schia di provocare un terremoto nel nostro ordinamento
nazionale. È una sentenza che dice una cosa sacrosanta,
ovvero che non si può essere condannati due volte per
lo stesso fatto, per lo stesso comportamento. È un prin-
cipio di civiltà notevole, fondamentale. Questa sentenza
può avere conseguenze sconvolgenti sul nostro ordina-
mento giuridico. Eppure, tranne Guido Rossi, che ha scrit-
to un articolo ricordando, appunto, che quella sentenza
gli faceva venire in mente il fatto che “c’era un giudice a
Berlino che adesso non c’è più”, questa sentenza gli altri
l’hanno ignorata bellamente.
Forse dobbiamo cominciare ad occuparci del fatto che l’Eu-
ropa non è solo spread, non è solo Pil, ma è quel Pil più
ampio che deriva dallo spazio di libertà, sicurezza e giusti-
zia e dobbiamo battere i pugni sul tavolo per attuarlo.
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RISCHIAMO DI BUTTARE VIA
IL BAMBINO CON L’ACQUA
SPORCA. CIOÈ RITENERE
CHE, TANTO VALE BUTTARE
VIA TUTTA L’EUROPA, INVECE
DI CERCARE DI SALVARE
QUANTO C’È DI POSITIVO
E DI CAMBIARE IL RESTO
Parlamento Europeo, sede di Strasburgo