Civiltà del Lavoro, n. 2/2014 - page 26

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CIVILTÀ DEL LAVORO
II • 2014
danni dal sovraffollamento carcerario, che è contrario al-
la dignità umana.
Tutto questo mi fa pensare che è abbastanza importante
il cammino europeo in questo campo perché, in fondo,
il percorso europeo parte dalla Grecia e dalla democra-
zia. Tra l’altro povera Grecia, se pensiamo a come è sta-
ta trattata adesso dall’Europa. È stata trattata peggio di
Lehman Brothers, che ora scopriamo non doveva neces-
sariamente fallire. Ed è possibile che un domani si scopra
che anche le vessazioni a cui stata sottoposta la Grecia
per “farla uscire dalla crisi” non erano poi così necessarie.
Nel cammino europeo, dicevo, siamo partiti dalla Grecia
e dalla democrazia per approdare a Roma, al diritto, per
proseguire – qualche tempo fa è morto Jacques Le Goff,
il più autorevole testimone di ciò che ha significato l’Eu-
ropa nel Medioevo – per arrivare, dicevo, alla cristianità
e al Medioevo, alla solidarietà e, infine, al Rinascimen-
to e al secolo dei Lumi, cioè la riscoperta della centralità
della persona, per finire poi un po’ maluccio con gli Stati
nazionali e con le guerre mondiali della prima metà del
secolo scorso, la Shoah e i campi di sterminio e i gulag,
l’Europa e soprattutto la reazione a tutto.
A me sembra interessante il percorso europeo perché nei
tre cammini tradizionali del’Europa – la “via dei pellegri-
naggi e delle cattedrali”, la “via delle fiere” che poi è di-
ventata la “via dei mercati”, che corre dalla Lega Ansea-
tica alla Lega dei Mercati fino al discorso del mercato in
Europa di oggi e la “via delle università e della cultura” –
adesso si è aggiunta un’altra via, quella delle Corti e dei
tribunali, che è altrettanto importante. È la via della Corte
di Strasburgo per far valere i diritti del cittadino, del sin-
golo, non solo il cittadino di fronte allo Stato, ed è la via
che porta a Lussemburgo, alla Corte di Giustizia, per far
valere i diritti dei singoli e delle nazioni rispetto allo stra-
potere dell’Europa.
Sono vie con le quali il percorso europeo, che è passato
attraverso i muri e i confini nazionali, ha saputo comin-
ciare a far cadere questi muri e a travolgere questi con-
fini. Il superamento dei muri e i ponti che sono rappre-
sentati sull’euro.
Penso sempre a quando, giovane, ai tempi dell’università
per varcare la frontiera e per andare a studiare a Friburgo,
dovevo portare il congedo provvisorio dal servizio milita-
re, dovevo andare a cambiare i soldi prima di uscire, do-
vevo arrivare con il passaporto in regola, altrimenti non
varcavo la frontiera per andare in Francia e in Germania.
E poi penso all’Erasmus adesso.
Questa è l’Europa dei piccoli passi. Probabilmente ormai
bisognerebbe sostituirli con falcate vigorose, ma è l’Eu-
ropa che ci ha consentito, ci ha assicurato cinquant’anni
di pace nella seconda metà di un “secolo breve”, nella
cui prima metà abbiamo avuto due guerre che sono sta-
te definite mondiali ma che in realtà sono state europee,
sono state lo scannatoio tra Francia e Germania, al quale
si sono aggregati gli altri scannatoi europei.
Penso che l’Europa sia anche questo e ora vedo con molta
preoccupazione il rischio di un cammino al contrario. Ep-
pure nel 1949 l’Europa è stata la prima area nel mondo
che ha compreso la gravità di quanto era successo con la
Seconda Guerra mondiale: armi di distruzione di massa,
la Shoah, lo sterminio dei gulag e dei campi di concen-
tramento. È impressionante pensare come l’Europa muo-
ia ad Auschwitz sui campi di sterminio e ricominci a vive-
re proprio ad Auschwitz, tant’è vero che i tedeschi (forse
adesso un po’ se lo sono dimenticato nel campo dell’e-
conomia) nel 1949 aprono la loro Costituzione in nome
della dignità, il fondamento di tutti i diritti. Tema ripreso
poi dalla Carta dei Diritti dell’Unione Europea.
Oggi l’Europa lavora al mercato. Cosa vuol dire lavorare al
mercato comune? Garantire una serie di libertà, ad esem-
pio la libertà di circolazione delle persone, delle merci, dei
servizi, del capitale, necessarie per realizzare quel merca-
to comune che poi diventa unico e sul quale poi si costru-
isce il resto. Tutto questo mi pare lo abbiamo – non dico
dimenticato – ma lo abbiamo messo in seconda linea ri-
spetto ad un dibattito nel quale sentiamo parlare di spre-
ad, di meccanismo di stabilità e in cui si riaffaccia un’eti-
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