Civiltà del Lavoro, n. 4-5/2014 - page 71

CIVILTÀ DEL LAVORO
IV • V - 2014
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DOSSIER
esteri con la finalità di portarli in Italia. La componente di
attrazione degli investimenti, che in passato nell’Ice ave-
va un ruolo ancillare rispetto alla promozione dell’export,
diventa adesso oggetto di specifica attenzione. In sintesi,
non si tratta di un’attività nuova, nuova è la priorità con
la quale ce ne occuperemo.
Tornando al piano per il made in Italy, l’obiettivo –
ambizioso – è quello di incrementare il numero delle
aziende esportatrici di ben 22mila unità. Come state
supportando le imprese, in special modo le Pmi, in
questo percorso?
In primis abbiamo lanciato una massiccia campagna di
marketing per avvicinare il maggior numero di imprese.
Abbiamo organizzato su tutto il territorio nazionale un
grande Roadshow nazionale di formazione e informazio-
ne, raggiungendo in questi mesi oltre 5mila aziende con
incontri “one to one”.
Questa iniziativa ha permesso a tante piccole imprese di
conoscere in dettaglio gli strumenti che il sistema Italia
pone a sostegno dell’internazionalizzazione. Oggi queste
imprese sanno cosa può fare l’Ice per loro, cosa la Sace
e la Simest.
Sempre al fine di aiutare le Pmi ad aprirsi ai mercati este-
ri, stiamo potenziando molto uno strumento che, a no-
stro avviso, può soddisfare le loro esigenze: le missioni di
incoming: in pratica, invece di portare all’estero le nostre
pmi, siamo noi a ospitare centinaia di buyer provenienti
da Stati Uniti, Cina, Russia, Messico o qualsiasi altro pae-ttt
se strategico per noi, organizzando incontri sul territorio
e in azienda.
Questo riduce i costi ed elimina, ad esempio, negli im-
prenditori l’inibizione a muoversi all’estero.
Quali impressioni ha ricavato dall’incontro con le Pmi?
Lo ho trovate decisamente più pronte e reattive. Credo
dipenda soprattutto da due fattori: il primo è che la lun-
ga crisi ha fatto capire che se non si esporta è molto dif-
ficile restare con i conti in attivo; il secondo è che ormai
anche aziende piccole tendono ad avere risorse umane
più capaci di relazionarsi ai mercati esteri. Spesso si trat-
ta del figlio dell’imprenditore medesimo, che magari ha
studiato all’estero con il programma Erasmus, ha viaggia-
to ed è quindi più sciolto nell’uso delle lingue straniere.
Nel complesso osserviamo un costante processo di ap-
prendimento e migliaia di aziende, per le quali solo po-
chi anni fa esportare sarebbe stato impensabile, adesso
lo fanno senza grandi criticità.
In questi mesi l’Italia ha ospitato incontri internazio-
nali di assoluto rilievo, dal vertice Asem alla Sme As-
sembly a Napoli e al Business Forum Italia-Cina. C’è
una ricaduta in termini di intese e accordi commerciali?
Assolutamente sì. Nello specifico gli appuntamenti citati
sono molto diversi fra loro: il primo è un grande vertice
politico, nel quale una cinquantina di capi di Stato si in-
contra una volta ogni due anni per fare il punto sui rap-
porti fra l’Europa e l’Asia; il secondo riunisce rappresen-
tanti europei e associazioni di imprese per discutere sulla
legislazione comunitaria a favore delle pmi, mentre il ter-
zo è un vero e proprio forum finalizzato al business e, ri-
spetto ai precedenti, è quello che ha ricadute più dirette.
Al Forum Italia-Cina, infatti, sono stati firmati accordi per
un controvalore molto importante.
Quali settori sono coinvolti?
La maggior parte riguarda il settore energia e fra le azien-
de possiamo citare Enel e Mossi & Ghisolfi. Nel settore
aeronautico ricordiamo l’intesa firmata da Finmeccanica-
AgustaWestland con il Gruppo cinese Beijing Automotive
Industrial Corporation (Baic).
C’è molta attesa per “Expo Milano 2015”. Quali effetti
di lungo periodo potrebbe avere sulle esportazioni ita-
liani e sulla promozione del made in Italy nel mondo?
Oltre che nel settore agroalimentare, l’Italia gode di una
leadership riconosciuta in tanti dei settori che gravitano
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Riccardo Monti
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