Civiltà del Lavoro, n. 1/2013 - page 21

CIVILTÀ DEL LAVORO
VI - 2013
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INCHIESTA
vità di erogazione da un rafforzamento del sistema delle
garanzie: si ridurrebbe così quel rischio che oggi costitui-
sce il principale vincolo nell’ambito delle politiche credi-
tizie, anche perché le sofferenze sui prestiti sono arrivate
a livelli che non si vedevano da oltre quindici anni e fini-
scono per assorbire tantissimo capitale a copertura, ine-
vitabilmente riducendo la capacità di erogare altri prestiti.
Il primo marzo del 2014 prenderà avvio l’Unione Ban-
caria europea. Quali cambiamenti porterà all’interno
del sistema bancario italiano?
L’Unione Bancaria porterà innanzitutto cambiamenti a li-
vello europeo, con ricadute non solo sulle banche, ma sul-
la pienezza dell’economia e avrà un impatto analogo a
quello avuto a suo tempo dalle Unioni doganali e mone-
tarie. Per l’Italia, in particolare, questo passaggio epocale
presenta interessanti potenzialità, ma anche alcuni rischi.
Tra i vantaggi si può ipotizzare uno scatto dell’economia
complessiva del Paese, Meridione incluso. Il rischio, allo
stesso tempo, è che tutta Italia si “meridionalizzi’” e di-
venti l’anello debole d’Europa.
Per le banche italiane, nel dettaglio, l’Unione non lascia
intravedere insuperabili difficoltà, visto che i nostri istituti
arrivano in condizioni adeguate a questo appuntamento
grazie alla lungimiranza della Banca d’Italia, che ha adot-
tato regole e basi di vigilanza più severe rispetto alla me-
dia europea e alla diffusa, seria e prudente gestione delle
banche operanti in Italia. Per certi versi si potrebbe au-
spicare che le nostre prassi di vigilanza divengano norma
per tutti i Paesi dell’Unione Bancaria: il nostro mondo cre-
ditizio ne risulterebbe decisamente rafforzato, una volta
confrontato e giudicato in base alle stesse, severissime,
regole. Allo stesso modo le banche italiane dovrebbero
poter confrontarsi con i competitori europei nelle mede-
sime condizioni anche dal punto di vista del trattamento
fiscale. Lo Stato italiano paradossalmente ci indebolisce.
Il settore, già gravato da tasse eccessive e che si colloca-
no circa 15 punti percentuali al di sopra dei livelli riscon-
trabili in altri mercati bancari europei, ha anche dovuto
subire il recente decreto legge del 30 novembre, che ha
introdotto per il periodo d’imposta 2013, un’addizionale
dell’imposta societaria per banche e assicurazioni addi-
rittura pari a 8,5 punti percentuali.
Quali effetti produrrà la rivalutazione delle quote del
capitale della Banca d’Italia recentemente approvata
con un decreto dal Governo?
Si tratta di un’operazione che non poteva più essere differi-
ta, visto che il capitale di via Nazionale è rimasto al valore
nominale del 1936, pari al cambio lira/euro a 156mila eu-
ro. È un’operazione di riconoscimento di un legittimo diritto.
Lei è presidente della Cassa di Risparmio di Raven-
na, un istituto di credito radicato sul territorio. La pre-
sidenza dell’Abi quali differenze porta con sé?
Rappresentare e tutelare gli interessi legittimi di tutte le
banche italiane, dai colossi internazionali quotati in Bor-
sa ai piccoli gruppi che contano poche filiali, è un dove-
re morale.
La base comune per tutti è la sana e prudente gestio-
ne bancaria, da concretizzare nella pratica quotidiana in
un’economia e una finanza soggette all’etica e al diritto.
Uno dei valori che da presidente dell’Abi sarò impegna-
to a tutelare è quello dell’indipendenza delle banche ita-
liane, distanti e distinte dalla politica e da ogni rischio di
interferenze e di interessi in conflitto.
Silvia Tartamella
Antonio Patuelli, nato nel 1951, è stato nominato Cavaliere
del Lavoro nel 2009 per il forte sviluppo dato alla Cassa di
Risparmio di Ravenna S.p.A., capogruppo dell’omonimo
Gruppo Bancario, di cui è presidente. È stato eletto presidente
dell’Associazione Bancaria Italiana il 31 gennaio scorso.
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