Civiltà del Lavoro, n. 4-5/2014 - page 57

CIVILTÀ DEL LAVORO
IV • V - 2014
57
INCHIESTA
regionali e di sindaci verrebbero distolti dalle cure dei loro
territori per farsi carico qualche giorno del mese a Roma
di problematiche dall’utilità assai discutibile. Sarebbe sta-
ta più convincente la proposta di dimezzare i parlamentari
di entrambi i rami, distinguendone nettamente le compe-
tenze (ad esempio, affidando alla Camera il ruolo di fidu-
cia ai governi e la legislazione economica e sociale ed al
Senato la politica estera e i rapporti con l’Unione euro-
pea). Infine, ritengo indispensabile un profondo, radicale
cambiamento della Pubblica amministrazione italiana. Il
nostro Paese ormai da molti anni è vittima di un appara-
to pubblico, che non si preoccupa tanto del risultato con-
creto della propria azione quanto della correttezza forma-
le delle procedure eseguite. In tal modo la Pa è divenuta
una struttura largamente autoreferenziale, che considera
i cittadini troppo spesso come sudditi e raramente come
utenti, che hanno diritto a un servizio rapido ed efficace.
Le gravi carenze dell’apparato pubblico italiano hanno in-
dotto nel tempo il legislatore a introdurre una grande quan-
tità di deroghe all’applicazione delle norme, con il risultato
di rendere la situazione ancora più confusa e disordinata.
Assistiamo così a decine di opere pubbliche iniziate e mai
entrate in funzione, con pesante sperpero di denaro pub-
blico, e più in generale a un rapporto conflittuale con il
mondo delle imprese. Così, un sistema normativo e pro-
cedurale lento e pieno di eccezioni ha reso più agevole la
intermediazione, sfociata anche di recente in gravi episodi
di corruzione, tra politici, funzionari pubblici e imprenditori.
Allora, tutti coloro che vogliono la rinascita dell’Italia deb-
bono dire chiaramente che questo sistema deve essere
ripensato dalle fondamenta. La riforma va basata a mio
avviso su pochi punti programmatici: equiparazione effet-
tiva dei dipendenti pubblici con quelli privati; possibilità di
misurare la produttività quanti/qualitativa dei dipenden-
ti pubblici, valorizzando i meritevoli con bonus economi-
ci al raggiungimento dei risultati, ma anche introducendo
la possibilità di sanzionare i demeriti sino al licenziamen-
to; un deciso turn over di dirigenti pubblici, sostituiti da
manager abituati a lavorare per obiettivi e dotati di pie-
na autonomia organizzativa; introduzione della mobilità
di ruolo e di luogo (esistono uffici ridondanti e altri sot-
todimensionati); forte snellimento delle procedure, con
redazione di Testi Unici snelli e comprensibili anche nel-
la forma; e infine, deciso impulso alle autocertificazioni e
all’uso di sistemi informatici, soprattutto nei rapporti tra
la Pa e le imprese.
Mi rendo perfettamente conto delle enormi resistenze
che un piano di questo genere avrebbe, sia a livello poli-
tico-sindacale che all’interno della Pubblica amministra-
zione, tuttavia sono convinto che questo è ciò che serve
al Paese. L’Italia non può più sopportare lacune così pe-
santi e divari così elevati su questioni fondamentali per
la propria competitività.
Non affrontare di petto i costi eccessivi e le pesanti inef-
ficienze dell’apparato istituzionale-amministrativo ci con-
danna a perdere, anno dopo anno, quote di mercato a li-
vello internazionale e ci conduce – cosa che purtroppo
sta già accadendo – a una crescente marginalità. Dare al
Paese un salutare “shock istituzionale”, con piena e rapi-
da attuazione alle riforme è l’unica soluzione. Ma atten-
zione: ormai di tempo ce ne è rimasto davvero poco.
A COMPLICARE IL GIÀ
DIFFICILE RAPPORTO
STATO-REGIONI
È INTERVENUTA NEL 2001
LA RIFORMA DEL TITOLO V
DELLA COSTITUZIONE, CHE
HA PROVOCATO INFINITI
RICORSI E BLOCCATO
TANTI PROVVEDIMENTI
copertina 1...,47,48,49,50,51,52,53,54,55,56 58,59,60,61,62,63,64,65,66,67,...copertina 4
Powered by FlippingBook