Civiltà del Lavoro, n. 4-5/2014 - page 51

CIVILTÀ DEL LAVORO
IV • V - 2014
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INCHIESTA
funzionale, ma dovrebbe anche prevedere una riflessio-
ne su come alcuni importanti servizi, a partire dalla sani-
tà, trovino effettivamente nel decentramento una ragio-
ne di maggiore efficienza.
Sono ormai passati gli anni in cui la politica e l’opinione
pubblica spingevano molto sull’autonomia dei territori co-
me base di una maggiore responsabilità nei confronti del
cittadino. In parte questo originale obiettivo si è concretiz-
zato e le Regioni hanno effettivamente assolto al compi-
to di adeguare gli indirizzi politici nazionali alla specificità
del territorio. Ma oggi possiamo ragionevolmente valutare
quanto siano alti i costi del decentramento, quando esso
viene interpretato come l’assunzione di poteri da picco-
le repubbliche autarchiche, interessate più a esaudire le
esigenze del ceto politico regionale che non a consegui-
re una maggiore efficienza.
Sarebbe opportuna una riduzione del numero delle
Regioni con l’accorpamento delle più piccole per far
loro raggiungere una dimensione media più elevata?
Proprio in relazione alla abolizione delle Province eletti-
ve è stato sollevato il problema della legittimazione del-
le Regioni, soprattutto quelle più piccole, a permanere.
Non credo, tuttavia, che la soluzione possa essere quel-
la di ricercare un “ottimo dimensionale”. Ci sono piccole
Regioni, anche del Sud, molto virtuose ed efficienti, così
come ci sono Regioni di media o di grande dimensione
che non hanno dato buona prova di sé. Il continuo cam-
biamento, poi, non aiuterebbe il formarsi di una tradizio-
ne amministrativa che, fin dalle origini, per le Regioni ha
sempre rappresentato un problema. Penso che sarebbe
molto opportuno, invece, che le Regioni stringessero pat-
ti funzionali su specifici argomenti.
Qualche tempo fa ad esempio, come Censis, abbiamo
lavorato a una specie di federazione fra Umbria e Mar-
che attraverso la quale le due Regioni, pur mantenendo
la propria identità, avrebbero dovuto mettere in comune
alcuni importanti servizi come, per esempio, i sistemi in-
formativi per la sanità.
Nell’attuale economica postindustriale lo sviluppo è
tornato nelle aree urbane: la creazione delle aree me-
tropolitane potrà far tornare lo sviluppo anche nelle
nostre grandi città, che sono più o meno tutte in crisi?
Sinceramente spero che l’istituzione di quelle che sono
chiamate Città ma in realtà sono Province metropolitane
possa aiutare il nostro Paese a mettere le città al cen-
tro delle politiche di sviluppo. Abbiamo, infatti, da tempo
sottovalutato la portata che negli altri Paesi sta avendo il
rafforzamento delle aree urbane, soprattutto quelle mag-
giormente collegate al mondo globale.
Nelle città si concentrano saperi, risorse umane qualifica-
te, mentre i collegamenti e le relazioni aperte al conte-
sto mondiale vedono proprio nei nodi maggiori più ampie
possibilità di apertura e scambio. È per questo che giran-
do l’Europa vediamo tantissime città in movimento, che
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Venezia - Palazzo Balbi, sede della Regione Veneto
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