Civiltà del Lavoro, n. 4-5/2014 - page 50

CIVILTÀ DEL LAVORO
IV • V - 2014
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INCHIESTA
VERSO
NUOVE FORME
DI
COLLABORAZIONE
Per il sociologo Giuseppe Roma vi sono Regioni piccole molto virtuose
e Regioni di grande dimensione che non hanno dato buona prova di sé. Più che accorpare
sarebbe molto opportuno che le Regioni stringessero patti funzionali su specifici argomenti.
sono troppe perché, come succede in altri Paesi, dovreb-
bero essere limitate solo alle grandi concentrazioni di al-
meno 3 milioni di abitanti, caratteristica che in Italia han-
no soltanto Roma, Milano e Napoli.
Il Titolo V riformato nel 2001, con molte materie con-
correnti, ha provocato un enorme contenzioso tra Stato
e Regioni davanti alla Corte Costituzionale. La revisio-
ne approvata in prima lettura al Senato potrà ridurre
questa conflittualità endemica?
Non è facile prevedere quali saranno gli effetti del nuo-
vo Titolo V della Costituzione riguardo ai possibili conflitti
di attribuzione. Certo è che il problema non è puramente
Come giudica il processo di revisione dei poteri loca-
li avviato dal Governo che intende ridurre la spesa
pubblica e semplificare le procedure amministrative?
È certamente un processo virtuoso, che riguarda uno dei
problemi di più acuti nel nostro Paese come l’amministra-
zione, le procedure e la burocrazia. Una delle ragioni per
le quali i provvedimenti hanno iter farraginosi e tempi di
attuazione biblici è proprio la numerosità dei centri di de-
cisione, la sovrapposizione delle competenze e l’incertez-
za delle procedure.
È chiaro che la necessità di razionalizzare la spesa pubbli-
ca e anche il diverso ruolo assunto dai territori postulano
un cambiamento dell’architettura istituzionale.
Bisogna, però, perseguire coerentemente assetti ispirati
alla chiarezza e alla semplificazione. Purtroppo arriviamo
alla revisione delle istituzioni locali per strade diverse e
in maniera non coordinata. In particolare, non è veramen-
te chiaro se si intende presidiare adeguatamente il Go-
verno dei territori intermedi, per gestire le aree più com-
plesse collocate fra Regione e singolo Comune. È quanto
avviene in quasi tutti i Paesi europei, in quanto la scala
sovra-comunale è quella che ha avuto il maggior svilup-
po nell’ultimo decennio. In Italia, poi, non sono solo le po-
che grandi città a generare grandi distretti metropolitani,
ma vince l’integrazione fra una pluralità di insediamenti.
Non è Venezia a essersi espansa in terraferma, ma sono
Mestre, Padova, Treviso a essersi saldate in un unico con-
tenitore territoriale.
Per questo non si capisce perché si siano create dieci città
metropolitane (nella forma delle vecchie province), toglien-
do invece a tante realtà territoriali egualmente estese per
territorio, popolazione e di comuni uno status istituzionale.
In altre parole queste città metropolitane o sono poche o
Giuseppe Roma
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