Civiltà del Lavoro, n. 4-5/2013 - page 51

CIVILTÀ DEL LAVORO
IV • V - 2013
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INCHIESTA
amministrativo e politico, è vitale definire un nuovo mo-
dello decisionale e operativo nel rapporto tra Stato, Re-
gioni ed enti locali, che dia tempi certi e garantisca deci-
sioni vincolanti ai processi d’innovazione delle pubbliche
amministrazioni.
Se spostiamo ora l’attenzione sull’altra dimensione fonda-
mentale del Paese, ossia il suo tessuto produttivo, la sfida
per l’innovazione digitale diventa innanzitutto la necessità
di incrementare il numero delle
aziende “connesse” per fa-
vorire una coesione territo-
riale che funga da sostrato
in grado di accogliere e far
crescere le nuove opportu-
nità, che, altrimenti, rischia-
no di essere “disperse” in un
contesto produttivo troppo
frammentato.
Sul piano strettamente di-
gitale è vitale diffondere la
banda larga e ultralarga, fis-
sa e mobile (in particolare la
fibra) alle imprese e a i pro-
fessionisti, ai distretti indu-
striali e alle zone turistiche.
In un circolo virtuoso la ban-
da richiamerà applicazioni e
le applicazioni ulteriore ne-
cessità di banda con un di-
namismo propulsore di svi-
luppo tra domanda e offerta.
Occorre creare nel paese un
driver diffuso che “spinga”
singoli, imprese e ammini-
strazioni a passare al digita-
le. Il digitale deve diventare
il default ed essere sempre
economicamente più con-
veniente rispetto all’analo-
gico/cartaceo.
L’implementazione di questo principio deve essere affian-
cata da un programma diffuso di promozione della cul-
tura digitale tra i cittadini, dalle scuole a tutte le diverse
forme della vita sociale e culturale del Paese.
Da un punto di vista “pratico”, permeare azioni e inter-
venti con il principio e lo stile del digitale implica neces-
sariamente che lo Stato e gli enti locali si preoccupino nei
fatti di fornire connettività adeguata sul territorio, in par-
ticolare in alcuni contesti vitali: dalla scuole, che necessi-
tano di banda larga e, in prospettiva, ultralarga, a musei,
uffici pubblici, biblioteche e centri culturali che dovreb-
bero essere dotati di connettività WiFi gratuita e aperta.
In sintesi, tre sono gli ambiti principali per abilitare la dif-
fusione di una “Italia Digitale”, sia dal punto di vista cul-
turale che operativo:
1. Le tecnologie per l’informa-
tica e le telecomunicazioni
(Ict), in generale, sono sta-
te per lungo tempo conside-
rate delle commodity, cioè
prodotti standardizzati e in-
differenziati da acquisire e
utilizzare in modo sostan-
zialmente “meccanicistico”:
si comprano, si installano,
si usano. In realtà dietro la
parola Ict ci sono tecnolo-
gie complesse, che devono
essere comprese e declina-
te nelle diverse realtà im-
prenditoriali o amministra-
tive, valorizzando e facendo
leva su profonde e articola-
te capacità progettuali. Non
basta comprare: bisogna sa-
per concepire, sviluppare e
mettere in campo soluzioni
tecnologiche e organizzati-
ve molto complesse e so-
fisticate. È evidente che, in
mancanza di queste com-
petenze e professionalità, il
puro acquisto di servizi e/o
prodotti standard rischia di
divenire improduttivo e pa-
radossalmente controprodu-
cente se, anziché semplificare e ottimizzare, si rende la
situazione più complessa e vengono sottratte risorse da
altre iniziative.
2. Le tecnologie informatiche servono per automatizza-
re processi, gestire l’interazione tra le persone, fornire in-
formazioni agli utenti: in poche parole, costituiscono una
infrastruttura che si alimenta e si integra in modo spesso
profondo e radicale con i processi e i modelli organizzativi
»
occorre puntare su una
progettazione integrata
dei sistemi informatici
pubblici e sull’integrazione
dei “backend”
di amministrazioni
centrali e locali
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