Civiltà del Lavoro, n. 4-5/2013 - page 54

CIVILTÀ DEL LAVORO
IV • V - 2013
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INCHIESTA
soprattutto la classe politica, cui spetta elaborare la sin-
tesi finale e dettare le linee guida di sviluppo del Paese.
Un esempio è fornito dalla stima che l'Osservatorio Agenda
Digitale del Politecnico di Milano ha fatto sui risparmi che
la realizzazione dell'agenda genererebbe sul fronte della
Pubblica amministrazione: 1 miliardo al mese, se consi-
deriamo fatturazione elettronica, sanità digitale, ricorso a
infrastrutture cloud, eProcurement, pagamenti elettronici,
conservazione elettronica degli archivi fiscali. Per non par-
lare delle opportunità di crescita per le imprese, di nascita
di nuove start up, di risparmi per le famiglie.
Personalmente osservo tutti i giorni le conseguenze del
nostro ritardo, non solo come cittadina, ma anche come
imprenditrice che guida un’azienda che offre software e
servizi in campo Itc. Il digital divide genera una vera e
propria discriminazione tra cittadini e imprese di serie A,
solo perché stanno in un certo luogo, e cittadini e impre-
se di serie B perché hanno la sfortuna di stare in un altro.
Le pubbliche amministrazioni non riescono neppure a com-
pletare la transizione dal cartaceo al digitale. Le imprese
non riescono a stabilire un rapporto telematico con la Pa,
basti pensare alla scarsissima possibilità di effettuare pa-
gamenti online. E soprattutto le imprese, non solo la mia,
ma tutte quelle con cui mi rapporto, fornitrici e clienti,
non possono investire perché mancano standard e regole.
Sulla burocrazia di solito viene scaricata tutta la frustrazio-
ne del cittadino e delle imprese per i malfunzionamenti
della Pubblica amministrazione. Certo la burocrazia si at-
tiene alla massima di Tomasi di Lampedusa recentemen-
te richiamata in un articolo a proposito delle difficoltà di
realizzare l'Agenda Digitale, secondo la quale “è meglio
un male sperimentato che un bene ignoto”.
Mettere l'accento sulla volontà di digitalizzare i processi
senza specificare che essi vanno prima rivisti in profondità
genera l'illusoria convinzione che il digitale sia la panacea
di tutti i mali. Una comunicazione corretta dovrebbe invece
affermare non solo che l'Italia ha un compito più difficile
di quello dei nostri competitori, perché partiamo in svan-
taggio e perché abbiamo un'articolazione più complessa,
ma anche che il cambiamento non è un fatto tecnico per
addetti ai lavori, ma è una sfida di cultura organizzativa.
Come imprenditrice mi chiedo quali iniziative concrete deb-
bono essere avviate alla luce delle considerazioni svolte
per realizzare l’Agenda. Concordo con Francesco Caio sul
fatto che dobbiamo concentrare l’azione su pochi chiari
obiettivi che rispondono a esigenze di cittadini e aziende
da troppo tempo disattese. Il primo è l'anagrafe unica, un
grande servizio in cloud a cui tutti i Comuni dovrebbero
fare riferimento per i dati, ma continuando a gestire da sé
i servizi. Il secondo è l'identità digitale, la base per ave-
re dei servizi erogati da sistemi che comunichino fra loro.
E infine la fatturazione elettronica, che dobbiamo consi-
derare una vera rivoluzione sia per le imprese, che otter-
rebbero un servizio migliore, sia per lo Stato, che control-
lerebbe meglio la gestione e potrebbe mettere in campo
una spending review davvero efficace.
Prima di attuare anche solo questi tre obiettivi, però, van-
no sciolti dei nodi di fondo, e non è chiaro come il Governo
pensi di farlo. Mi riferisco al quadro normativo che deve
essere completo, limitare al massimo l’intermediazione
politica e promuovere invece politiche attive che indiriz-
zino i comportamenti dei soggetti coinvolti.
Infine, vanno risolti i problemi infrastrutturali e tecnici, co-
me la struttura di base (larghezza di banda e sicurezza)
ritenuta indispensabile per l’Italia e l’architettura del si-
stema e gli standard. L’attuale situazione Telecom, certo,
non aiuta a fare chiarezza sulla direzione da intraprendere.
C'è, infine, un altro obiettivo che è necessariamente di
lunga scadenza, ma che alla fine sarà decisivo per far
fare all'Italia quel salto di qualità di cui abbiamo assolu-
to bisogno. Si tratta di affermare a tutti i livelli una soli-
da cultura digitale, intesa come conoscenza consapevole
delle nuove grandi possibilità, ma anche dei rischi davan-
ti ai quali si vengono a trovare i singoli, le organizzazioni,
le imprese in un confronto ormai a livello mondiale. For-
mazione scolastica, ricerca universitaria, comunicazione e
sensibilizzazione saranno strumenti sempre più necessari
per sfruttare appieno la portata rivoluzionaria della digita-
lizzazione. Le imprese sapranno fare la loro parte com'è
sempre avvenuto nei momenti di grandi cambiamenti.
Linda Gilli è stata nominata Cavaliere del Lavoro nel 2007.
Presidente dal 2002 dell’azienda di famiglia Inaz presente
nel campo delle soluzioni per la gestione e amministrazione
delle risorse umane. Ha guidato la svolta tecnologica
dell’azienda integrando strettamente le competenze
normative e amministrative e lo sviluppo di software
e di servizi innovativi.
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