Civiltà del Lavoro, n. 1/2013 - page 41

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INTERVISTA
CIVILTÀ DEL LAVORO
VI - 2013
e agli anni giovanili che vi ho trascorso. Come compagnia
abbiamo diversi uffici tecnici, che si occupano sia del ra-
mo crocieristico sia della manutenzione tecnica delle na-
vi. C’è poi l’azienda di famiglia, la Navigazione libera del
Golfo, che è ancora operativa e della quale mi occupo in-
sieme alla Snav, che ho rilevato mentre affrontava un mo-
mento difficile, e della Grandi Navi Veloci, di cui sono so-
cio maggioritario. Mi sento di dover dare il massimo per
il mio paese e i miei concittadini, per cui faccio il possibi-
le per creare posti di lavoro e migliorare il livello profes-
sionale di chi vuole intraprendere una carriera marittima.
La sua giornata tipo?
Lavoro dalle nove del mattino alle nove di sera, sette
giorni su sette esclusa una mezza giornata la domenica.
Facendo questo mestiere ho imparato che la professio-
nalità è l’unico modo per sopravvivere e che questa si ot-
tiene soltanto lavorando, le chiacchiere e gli appoggi po-
litici non contano.
Quali sono i principali progetti in corso di MSC nel-
lo shipping?
La nostra attività evolve giornalmente e in generale non
svelo mai i miei progetti. Anzi, preferisco sempre dire
quello che “abbiamo fatto”, piuttosto che quello che “fa-
remo”. È comunque ovvio che non ci si può mai ferma-
re, bisogna migliorare e investire in continuazione e non
si deve mai rimandare a domani quello che si deve fare
oggi. Viviamo in un mondo competitivo, dove ogni errore
può essere fatale, per cui bisogna essere molto concen-
trati e fare le scelte giuste al momento giusto.
il sistema basato sui container dava più garanzie, anche
contro furti e danneggiamenti, ho pensato che era giunto
il momento di riconvertirsi e di farlo anche rapidamente.
È stata una giusta intuizione, altrimenti di lì a breve con la
compagnia ci saremmo ritrovati fuori mercato.
Come è nata la decisione di ampliare l’attività al set-
tore crocieristico?
Abbiamo pensato che, disponendo di una base di equi-
paggio molto qualificato e un bagaglio tecnico costruito
in molti anni di lavoro, eravamo pronti per questo cam-
biamento.
Recentemente in una delle società del gruppo è en-
trato un fondo di private equity ma il suo atteggia-
mento rispetto a questi strumenti è sempre stato di-
stante. Cosa le ha fatto cambiare idea?
Ci siamo resi conto che proprio nel settore Terminal di cui
dicevamo, essere proprietari al 100% o con una quota di
maggioranza non cambiava molto la situazione dal pun-
to di vista gestionale, mentre sotto il profilo economico
rappresentava un immobilizzo non indifferente. Abbia-
mo quindi preferito monetizzare una parte del patrimo-
nio, vendendo il 35%.
In generale, comunque, penso che i fondi di investimen-
to possono essere utilizzati, a patto che restino in mino-
ranza e quindi non gestiscano l’azienda.
È nato a Sorrento, ma vive da sempre in Svizzera. Che
rapporto ha mantenuto con la sua terra d’origine?
C’è un rapporto molto forte, legato naturalmente agli studi
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