Civiltà del Lavoro, n. 3/2014 - page 22

CIVILTÀ DEL LAVORO
III • 2014
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SE VOLESSIMO SINTETIZZARE
in un
hashtag
il concetto chiave che ha percorso per intero l’interven-
to conclusivo del presidente della Federazione dei Cava-
lieri del Lavoro Antonio D’Amato al Convegno Nazionale
di Palermo, potremmo usare #L’Europa che vogliamo#.
Infatti, dopo aver bocciato “la contrapposizione sterile tra
gli euro-ottimisti e gli euroscettici a prescindere” ed essersi
al contempo dichiarato un “federalista convinto”, D’Amato
ha speso molte e sentite parole per ribadire che la dimen-
sione europea è l’unica possibile nei nuovi scenari geo-
politici e che proprio in virtù di questo è urgente lavorare
a un riassetto istituzionale dell’Unione europea, superan-
do la dicotomia tra metodo comunitario e metodo inter-
governativo, il primo penalizzato dall’ingerenza della bu-
rocrazia, il secondo dal prevalere degli egoismi nazionali.
Secondo il presidente, a una rapida disamina, fino ad oggi
l’Europa non si è data né una politica estera, né una po-
litica di difesa comune e anche in campo industriale ha
commesso numerosi errori, primo fra tutti l’aver pensa-
to con arroganza di potere essere l’unica area geografica
in grado di produrre e trattenere la conoscenza, la ricerca
e le intelligenze, delocalizzando così negli anni le produ-
zioni manifatturiere; oggi l’Europa sta tornando indietro
perché i paesi emergenti stanno conquistando posizioni
anche su produzioni più sofisticate.
Occorre fare leva, quindi, sui nostri punti di forza e il ma-
nifatturiero nel Vecchio Continente può contare su due
grandi protagonisti come la Germania e l’Italia, senza di-
menticare che l’intera area rappresenta un bacino di 500
milioni di consumatori, peraltro fra i più ricchi del pianeta,
e che di fronte a sé ha l’Africa, “il continente del futuro”
sotto il profilo dello sviluppo, sul quale l’Europa ha avuto
storicamente una significativa influenza.
Giocare divisi porterebbe a una sconfitta, sembra dunque
suggerire D’Amato, che ricorda: “Le partite, ormai, sono
ben al di là delle dimensioni del singolo paese europeo
e, continuando così, da qui a qualche anno nessuno sie-
derà più ai tavoli che contano”. “Agli incontri del Wto non
ci presentiamo come Europa ma divisi – stigmatizza an-
cora il presidente – e ciascuno con un’agenda diversa. Ci
siamo noi che spingiamo per la manifattura, la Francia
concentrata a tutelare i propri interessi agricoli, la Gran
Bretagna che chiede piena libertà in campo finanziario
e sul piano delle importazioni”. Questa assenza di coor-
dinamento strategico, spiega ancora D’Amato, condurrà
inevitabilmente a una progressiva deindustrializzazione,
accelerata anche dal fatto che in un mercato mondiale le
SERVE
UN
COORDINAMENTO
STRATEGICO
Per il Presidente Antonio D'Amato, che ha concluso i lavori di Palermo, è urgente superare
la dicotomia tra metodo comunitario e metodo intergovernativo: il primo penalizzato
dall'ingerenza della burocrazia, il secondo dal prevalere degli egoismi nazionali.
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