Civiltà del Lavoro, n. 6/2014 - page 57

CIVILTÀ DEL LAVORO
VI - 2014
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INCHIESTA
Le banche sostengono che i vincoli di Basilea e degli
stress test europei rischiano di ridurre ulteriormente
la loro capacità di dare credito al sistema produtti-
vo. Cosa si potrebbe fare per sventare questo rischio?
Confartigianato si è sempre battuta in sede europea af-
finché le regole di Basilea tengano conto della specificità
del nostro modello produttivo.
Sappiamo bene quanto l’applicazione di ratios meccani-
ci e burocratici possano condizionare l’accesso ai finan-
ziamenti da parte dei piccoli imprenditori. Tuttavia, non
vorrei che i vincoli di Basilea finissero per diventare un
alibi per chi sta dietro lo sportello bancario: da maggio
2013 a maggio 2014 i titoli di Stato nel portafoglio delle
banche sono aumentati di 7,7 miliardi di euro (+1,9%),
mentre i prestiti alle imprese sono scesi di 29,9 miliardi
(-3,2%). Ebbene, io dico che per far risalire il Pil tutti de-
vono fare la propria parte, a cominciare dalle banche che
non possono far mancare il carburante indispensabile a
ridare slancio al nostro sistema imprenditoriale e a far ri-
partire l’economia.
L’economia italiana stenta a imboccare la strada della
ripresa anche perché il credito, che dovrebbe essere il
“motore ausiliario” per dare una spinta decisiva, gira an-
cora al minimo. 
Temete che la vigilanza europea sulle banche possa
penalizzare gli istituti di credito europei?
I nuovi coefficienti patrimoniali minimi che la Bce si pre-
para ad applicare rischiano di riaprire una nuova stagio-
ne di credit crunch. Dopo oltre sette anni di crisi mondia-
le, sopportati con grandi sacrifici dal sistema produttivo,
la Banca centrale europea non può ulteriormente inaspri-
re i requisiti del capitale degli istituti creditizi senza con-
siderare con attenzione l’impatto che questa operazione
avrà sull’economia reale, cioè le imprese e le famiglie nei
diversi Paesi d’Europa: non è la stessa cosa classificare i
ritardi di pagamento come “sofferenza” in Italia, dove i
tempi di pagamento ordinari sono il doppio o il triplo del-
la media europea, e – che so – in Germania o in Olanda.
Le imprese italiane sono meno capitalizzate delle
omologhe europee e dipendono tradizionalmente dal
credito bancario più che negli altri Paesi industrializ-
zati: come si potrebbe diminuire questa dipendenza?
I Consorzi di garanzia fidi rappresentano il principale stru-
mento capace di facilitare l'accesso al credito da parte
delle imprese di piccole dimensioni. Per questo è neces-
sario valorizzarne il ruolo, potenziandone il patrimonio e
semplificando le norme che li regolano.
Va anche rafforzata la loro funzione di consulenza finan-
ziaria nei confronti delle imprese, snellendo gli adempi-
menti che i Consorzi sono tenuti a espletare, spesso in
sovrapposizione con i compiti svolti dalle banche, con l’o-
biettivo di velocizzare i tempi di concessione del finanzia-
mento e della garanzia, riducendone i costi.
La Legge di Stabilità sta ampliando le opportunità per
la costituzione di Reti d'impresa per favorire la cresci-
ta dimensionale delle aziende: a suo giudizio questa
può essere una strada per migliorare anche il rappor-
to con le banche?
Io sostengo che la dimensione delle imprese è un falso
problema. Ciò che deve cambiare non è la “taglia” azien-
dale, ma le condizioni di un habitat poco favorevole all'i-
niziativa economica. Si può diventare grandi rimanendo
piccoli. È il mercato che decide e premia la dimensione
giusta per competere. Oppure in questo caso ci dimenti-
chiamo della capacità dei mercati di autoregolarsi? Lo di-
mostrano i dati positivi sul contributo degli artigiani e del-
le piccole imprese alla crescita delle nostre esportazioni.
A conferma che sul mercato vince la qualità dei prodotti,
non la dimensione aziendale. E allora, torno a dire che gli
istituti di credito devono fare il loro mestiere e chi chiede
finanziamenti per realizzare un’idea imprenditoriale, per
investire, produrre e dare lavoro deve poter trovare allo
sportello la necessaria fiducia, criteri semplici ma rigoro-
si, non meri automatismi e modelli matematici che sal-
tano l’analisi del merito di credito, aumentano i costi e le
difficoltà di accesso al credito.
(p.m.)
Giorgio Merletti
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