Civiltà del Lavoro, n. 6/2014 - page 58

CIVILTÀ DEL LAVORO
VI - 2014
58
INCHIESTA
CREDITO
, SVILUPPO
E
CRESCITA
di Luigi Abete, Presidente Banca Nazionale del Lavoro, Gruppo BNP Paribas
Cavaliere del Lavoro
Il ruolo del Fondo centrale di garanzia in Italia e le opportunità che si aprono con il piano Juncker
Un contributo per rilanciare gli investimenti pubblici e pri-
vati arriverà dal “Piano Junker”. Con una ventina di miliardi
di euro di apporti dai fondi europei il Piano Juncker mira a
generare risorse per oltre trecento miliardi. L’idea è che i
fondi pubblici europei servano a garantire la parte più ri-
schiosa dei finanziamenti e su questa garanzia si innesti
una leva finanziaria tra pubblico e privato.
Ventuno miliardi non sono molti, ma un aumento dei ca-
pitali iniziali su cui agirà la leva potrà essere assicurato
da contributi dei singoli governi da considerare “neutrali”
rispetto agli obblighi del Fiscal Compact.
Il piano Junker è solo una parte della storia. Il cammino
verso la ripresa, dopo una crisi lunga come quella che ab-
biamo attraversato negli ultimi sette anni, è impervio, e
richiede più di uno strumento. Richiede quello che oggi
molti chiamano “un cambio di passo”, e che io preferisco
chiamare un cambio culturale.
Rispetto ai principali partner europei, la struttura produtti-
va italiana presenta molte particolarità e non mi riferisco
solo alla piccola dimensione media d’impresa, quanto al
rapporto stretto e senza dubbio storicamente proficuo tra
banche e imprese.
È la Banca d’Italia a ricordarcelo: nel 2013 la quota di de-
biti bancari sul totale dei debiti finanziari per le imprese
italiane era pari al 64,2%, un valore in lieve discesa ri-
spetto al 66,9% precedente la crisi, ma ancora ampiamen-
te superiore alla media dei partner dell’area euro (45,5%)
e ancor più dei paesi anglosassoni.
È facile in un periodo di difficoltà per l’economia in gene-
rale e le imprese in particolare colpevolizzare le banche,
ma a un’analisi attenta non può sfuggire il fatto che le
banche sono arrivate fino a dove hanno potuto, e che è
ormai divenuto imprescindibile affiancare al credito ban-
cario altre forme di finanziamento. La diminuzione della
consistenza del credito alle imprese nell’ultimo biennio
L’ITALIA HA CHIUSO
il 2014 ancora in recessio-
ne, e per il 2015 le previsioni non arrivano a ipotizzare che
pochi decimi di punto sopra lo zero (anche se, a mio av-
viso, si può sperare in qualcosa in più). Non ce lo nascon-
diamo: il cammino che il nostro paese ha di fronte è lun-
go e complesso. La domanda interna è ancora fragile, le
difficoltà del mercato del lavoro sono tante, l’andamento
fiacco del reddito disponibile non aiuta. Il principale osta-
colo alla crescita e allo sviluppo è però soprattutto l’arre-
tramento dello stock di investimenti produttivi. In Italia
il rapporto tra investimenti e Pil è sceso al 17%, il valo-
re più basso degli ultimi venti anni. Oggi nel nostro Pae-
se gli investimenti sono del 28% inferiori al livello pre-
crisi (inizio 2008).
Vi è da sottolineare, peraltro, che la caduta degli investi-
menti è “il problema” in tutta l’area euro, che negli ultimi
quattro anni ha assistito a un calo del 25% circa.
Luigi Abete
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