Civiltà del Lavoro, n. 1/2015 - page 59

CIVILTÀ DEL LAVORO
i - 2015
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FOCUS
a quello del territorio nel quale essa si trova ed opera. Il
radicamento geografico che ne deriva e la volontà di da-
re un contributo positivo, per esempio attraverso servizi e
iniziative di varia natura, non sono pertanto da interpre-
tare come segnali di chiusura all’interno della propria co-
munità. Tanto più che, molto spesso, sono proprio queste
aziende le più proiettate sui mercati internazionali e, at-
traverso pratiche riconducibili alla responsabilità sociale,
restituiscono al territorio la ricchezza prodotta.
Un altro aspetto, infine, che abbiamo rilevato nel corso
dell'indagine è l'attenzione alla crescita personale e pro-
fessionale dei propri collaboratori. C'è la consapevolezza
che questa rappresenti un fattore tutt’altro che seconda-
rio per lo sviluppo competitivo dell’azienda.
L'Unione europea ha emanato la Direttiva sulla Re-
sponsabilità sociale delle grandi imprese, con la qua-
le si introduce l'obbligo per le aziende con oltre 500
dipendenti di produrre annualmente il cosiddetto “bi-
lancio sociale”. A livello nazionale dovrà essere recepi-
ta entro il dicembre 2016. Cosa cambierà in concreto?
Le imprese quotate e tutti i maggiori gruppi realizzano già
da tempo questo tipo di pubblicazione, anzi in molti casi
sono già andate oltre. Infatti, proprio perché il concetto di
sostenibilità comprende aspetti economici, sociali e am-
bientali, anche la comunicazione aziendale tende ormai
a informare attraverso un unico documento.
Riguardo all'utilità del bilancio sociale, il dibattito è aperto.
Alcuni lo ritengono uno strumento parziale, che dalle im-
prese è stato talvolta adoperato a fini soprattutto di comu-
nicazione. In effetti, scorrendo i nomi di aziende che negli
ultimi anni sono state coinvolte in violazioni anche gravi
della legge, si scopre che molte pubblicavano un bilancio
sociale ineccepibile. A mio parere, il nodo della questio-
ne è un altro: il bilancio sociale è utile in quanto accre-
sce la sensibilità verso questi temi, ma non rappresenta
di per sé il fulcro o la prova di comportamenti sostenibili.
Sarebbe opportuno renderlo obbligatorio anche per
le Pmi?
Rifacendomi a quanto affermato nel Libro Verde dell'U-
nione europea all'inizio degli anni Duemila, le rispondo
di no. La sostenibilità è un fatto volontario che attiene al
modo di organizzare e interpretare liberamente il ruolo
dell'impresa nel contesto in cui opera. L'impresa deve ov-
viamente sentirsi obbligata a rispettare le leggi sulle que-
stioni ambientali e sociali; la sostenibilità attiene, ripeto,
al modo in cui essa decide di posizionarsi nella comuni-
tà di cui è parte. Piuttosto che introdurre obblighi, credo
sia più importante attivare strumenti che sensibilizzino gli
imprenditori e i manager a orientare la gestione d'impre-
sa verso la sostenibilità.
Quanto alle piccole e medie imprese, credo sia opportu-
no aiutare i “piccoli” a riconoscere i propri comportamenti
virtuosi, messi in atto magari senza piena consapevolez-
za che sono rilevanti dal punto di vista della sostenibilità,
accrescendo così il valore immateriale delle loro aziende.
Più in generale, va promossa un’ampia riflessione sul ruo-
lo e sugli obiettivi dell’impresa contemporanea, che non
possono ridursi a una ricerca dell’utile fine a sé stessa,
ma vanno indirizzati verso una crescita complessiva del-
la comunità. Trovo molto interessante, ad esempio, la ri-
flessione sulla così detta “innovazione sociale”, ovvero il
contributo che l'innovazione – nelle sue diverse forme,
tecnologica, organizzativa – può dare alla soluzione di
problemi collettivi.
Sono temi nuovi sui quali occorre lavorare e sui quali è im-
portante che le imprese si impegnino direttamente. Negli
ultimi decenni abbiamo assistito a un aumento delle di-
storsioni nella distribuzione mondiale della ricchezza; ciò
significa che il sistema economico, così com'è, presenta
contraddizioni non sostenibili sul lungo periodo. Sono con-
vinto che possano e debbano essere risolte e che il sistema
della libera impresa possa trovare soluzioni adeguate.
Silvia Tartamella
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