CIVILTÀ DEL LAVORO
I - 2015
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INCHIESTA
collegamenti e coordinare analoghe entità nazionali/re-
gionali, operando anche per lo sviluppo di una cultura con-
divisa dell’investimento di lungo termine.
Tuttavia, se non si abbandonano le logiche e gli approcci
puramente regolamentari e fiscali/finanziari che rischiano
di caratterizzare, come anni perduti, anche i primi decenni
di questo secolo, non si potrà concretizzare nel breve pe-
riodo una crescita reale. In definitiva possiamo corregge-
re la deriva, stoppando la politica mercantilistica dell’Eu-
rozona e attuando un piano di sviluppo che possa sforare
per tre anni i parametri europei.
In questo processo di crescita un’attenzione particolare
debbono ricevere le Pmi. C’è una corsa, oggi, a fare pro-
poste per sostenere queste entità produttive, proposte che
vanno dalla crescita del capitale proprio, attraverso un so-
stegno fiscale alla patrimonializzazione, al private equity
e mezzanine finance, alla diffusione dei mini bond, alla
cartolarizzazione di prestiti, ai bond di distretto e finanza
delle reti d’impresa, all’attivazione dei Confidi e all’irrobu-
stimento dei fondi di garanzia. Si parla, dunque, di finanza
alternativa per evitare che
le imprese italiane siano ec-
cessivamente bancocentri-
che. In effetti oggi il 64%
dei debiti esterni delle unità
produttive sono costituiti da
prestiti bancari, percentua-
le di gran lunga superiore
rispetto a Francia (38,3%),
Germania (50,9%), Regno
Unito (29,6%) e Usa (29,1%). Nell’ambito della finanza
alternativa dobbiamo considerare anche le compagnie di
assicurazione come un pilastro su cui puntare per le finalità
di crescita. In tale ottica il decreto competitività ha aperto
a esse la possibilità di finanziare le imprese.
Tutte proposte valide. Non bisogna trascurare, però, che
in buona misura non toccano i Poe (Piccoli operatori eco-
nomici) e cioè le imprese che hanno un fatturato infe-
riore ai due milioni di euro, con meno di dieci dipenden-
ti. Esse, con i 4,6 milioni di imprese attive, pesano per il
94,6% sul totale delle imprese industriali e dei servizi del
Paese e occupano più del 51% del totale degli addetti.
Le Pmi, pure operando in un’economia in recessione, han-
no possibilità di difesa disponendo di una certa forza con-
trattuale, di un’adeguata capitalizzazione, trovando an-
che nella finanza alternativa, cioè nel private equity e
nel private placement sul mercato internazionale, possi-
bilità di sostegno.
Il settore dei Poe (Piccoli operatori economici) rappresenta
l’area più debole e oggi in particolare sofferenza nel rap-
porto col sistema bancario.
Le banche italiane hanno re-
spinto il 25% delle domande
di credito provenienti dalle
micro imprese (in Francia e
in Germania la quota è tra
il 10 e il 13%); solo il 44%
ha ottenuto quanto richie-
sto (77% in Francia, 61% in
Germania). Il nodo sta qui
e riguarda, come già detto,
È SIGNIFICATIVO CHE DOPO
CINQUE ANNI DI AUSTERITÀ
SI METTA IN MOTO UN
MOVIMENTO ESPANSIVO
RAPPRESENTATO DAL PIANO
JUNCKER