Civiltà del Lavoro, n. 1/2015 - page 51

CIVILTÀ DEL LAVORO
I - 2015
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INCHIESTA
pi di intervento e di realiz-
zazione delle opere.
In linea con detta imposta-
zione è in corso un cambia-
mento nel quadro europeo.
È significativo, infatti, che
dopo cinque anni di austeri-
tà si metta in moto un mo-
vimento espansivo rappre-
sentato dal Piano Juncker.
Esso prevede l’attivazione di
circa 300 miliardi di euro di
investimenti in infrastruttu-
re nell’arco di tre anni con la
costituzione del Fondo Efsi.
La sua dotazione è pari a 21
miliardi, di cui 15 destina-
ti a opere infrastrutturali e
cinque alle Pmi. Sembrano
cifre esigue se si considera che un moltiplicatore pari a
15 è interessante per mobilitare i finanziamenti, ma non
per supplire alla carenza di capitale di rischio (in partico-
lare smuovere le Pmi). Evidentemente si fa affidamento
sull’apporto dei privati.
Nel nostro Paese, al di là della problematica raccolta di
finanziamenti per le iniziative, bisogna considerare l’opi-
nione di quanti affermano, ed a ragione, che se ci sono
fondi strutturali inutilizzati e opere incompiute, si deve an-
che guardare alla mancanza di validi progetti. Al riguardo
sarebbe utile costituire un centro di competenza che for-
nisca consulenza e servizi di supporto per la formulazio-
ne e la strutturazione dei progetti, da presentare in base
a un set di principi e criteri, standardizzati e trasparenti.
Tale centro di competenza potrebbe trovare opportuni
»
L’ALTO COSTO DEL
CREDITO
, con serie dif-
ficoltà a ottenerlo soprat-
tutto da parte delle Pmi e,
nell’ambito delle stesse, del-
le microimprese, la giustizia
lenta e contorta, l’opprimen-
te burocrazia, la piaga della
corruzione, l’assenza di cer-
tezza del diritto, la contenu-
ta qualità e quantità delle
infrastrutture rappresentano
i fattori critici più rilevanti
della presente crisi, econo-
mica e sociale.
Con specifico riferimento
agli investimenti, materia-
li e immateriali, esiste una
generale convergenza per
muoverli e sostenerli nel lungo periodo. Per ottenere un
risultato, però, è necessario uscire con passaggi progres-
sivi, tecnici e politici, dal Fiscal Compact spostandosi ver-
so il “Growth Compact”. Occorre una scossa poiché con
investimenti scesi del 18% negli ultimi tre anni si finisce
per far perdurare una recessione che, abbinata alla de-
flazione, segna profondamente la stabilità e la coesione
sociale. Al tempo stesso un maggior coinvolgimento dei
capitali privati, anche con una più sciolta normativa del
project financing ed eventuali sostegni fiscali, non solo è
auspicabile, ma è necessaria. In tale prospettiva bisogna
che eventuali contributi versati nell’Efsi (European Fund For
Strategic Investments) non vengano conteggiati nei deficit
e nei debiti ai fini del Patto di stabilità. Il volano creatosi
risulterebbe di gran lunga amplificato, riducendosi i tem-
INVESTIRE
PER
CRESCERE
di Ercole Pietro Pellicanò, Presidente Associazione Nazionale per lo Studio dei Problemi del Credito
Coinvolgimento di capitali privati e flessibilità nel Patto di stabilità
Ercole Pietro Pellicanò
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