Civiltà del Lavoro, n. 1/2015 - page 57

CIVILTÀ DEL LAVORO
i - 2015
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FOCUS
Quando l’Italia fa l’Italia e punta sulle sue migliori energie,
quando usa le nuove tecnologie per rilanciare il saper fare
diffuso e le tradizioni produttive d’eccellenza, quando in-
veste su qualità, ricerca e coesione sociale, allora ce la fa.
La nuova direttiva europea può, dunque, aiutare le im-
prese più grandi, ma anche tutto il sistema, a scoprire la
maniera più corretta di produrre il made in Italy, che è
quella che dà forza all’Italia. E su questo ci sono molte
iniziative interessanti, come quella della Biblioteca del
Bilancio sociale lanciata a Milano, che tende a mettere a
disposizione di tutti i bilanci finora attuati semplificando-
ne la consultazione.
Quali sono gli aspetti su cui intendete puntare di più:
tutela dell’ambiente, cura dei dipendenti, relazio-
ne con i fornitori e i clienti, rapporti con il territorio?
Ambiente, capitale umano, rispetto dei diritti, sostenibili-
tà, contrasto dell’illegalità e trasparenza sono tutti aspetti
presi in considerazione della direttiva. Personalmente ri-
tengo molto importante anche il rapporto con il territorio
e la comunità in cui opera l’impresa.
Lei è anche presidente della Fondazione Symbola per
le qualità italiane: come può la cultura della soste-
nibilità aumentare la qualità complessiva del siste-
ma economico?
Lo spazio dell’Italia nel mondo è legato alla qualità. Non
possiamo competere con i paesi emergenti puntando
sui bassi prezzi, sui bassi diritti e sul dumping sociale e
ambientale. Al contrario l’Italia è forte e competitiva se
scommette sui propri talenti, sulla forza dei territori, su
ciò che la rende unica: bellezza, cultura, qualità, innova-
zione, green economy.
Lo confermano i dati del “Rapporto GreenItaly” della Fon-
dazione Symbola e di Unioncamere. Un’impresa su cinque
(il 22%) in tutti i campi dall’inizio della crisi ha investito
sull’ambiente, una percentuale che sale al 33% nella ma-
nifattura, dove il 25,8% delle imprese eco-investitrici ha
visto crescere il fatturato nel corso dell’anno. Sono colle-
gati alla green economy il 61% (234mila unità) dei nuo-
vi posti di lavoro prodotti nel 2014. Percentuale che sale
al 70% nel settore ricerca e sviluppo.
Le imprese manifatturiere che fanno eco-investimenti so-
no inoltre più forti nell’export: il 44% esporta stabilmente,
contro il 24% di quelle che non investono. E doppia (30%
contro il 15%) è la propensione a innovare nei prodot-
ti e nei servizi. È un’Italia che è già in campo e può rap-
presentare il cuore di una risposta alla crisi economica.
Siamo alla vigilia di Expo. A quali condizioni l’evento
milanese aiuterà la crescita del made in Italy e, più
in generale, della nostra economia?
Solo cinque paesi al mondo possono vantare un surplus
commerciale manifatturiero superiore a cento miliardi di
dollari. L’Italia è uno di questi. Expo Milano 2015, la pri-
ma esposizione del dopo crisi, sarà un’occasione straordi-
naria per mettere in mostra non solo il meglio del Paese,
ma anche la nostra idea di futuro. Ecco perché può aiuta-
re la nostra economia a crescere.
Ermete Realacci
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