Civiltà del Lavoro, n. 2/2014 - page 29

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CIVILTÀ DEL LAVORO
II • 2014
una delle aree più instabili
e anche più critiche.
Da un punto di vista globale,
sia per essere presenti ai ta-
voli nei quali si decidono gli
assetti e le regole dell’eco-
nomia futura, sia per gioca-
re un ruolo fondamentale e
irrinunciabile di equilibrio e
di stabilità in un mondo sem-
pre più instabile dal punto di
vista politico e militare, l’Eu-
ropa deve esistere come en-
tità politica. Se, come tale,
non esistesse, il futuro che
avremmo davanti non esiste-
rebbe. D’altra parte un’Euro-
pa unita conviene anche a
quei Paesi che oggi pensa-
no di essere relativamen-
te più forti, perché da qui a
qualche anno nessuno dei
Paesi europei siederà più al
tavolo di quelli che conta-
no. Le economie dei Paesi
emergenti, infatti, sono mol-
to più rilevanti in termini di
valore assoluto e di dimen-
sione assoluta rispetto alla
stessa Germania, Gran Bre-
tagna, Francia e Italia, che
storicamente facevano parte prima dei G7 e poi dei G8.
In questa prospettiva il dibattito se l’Europa serva o meno
non si pone più. L’Europa serve, eccome, sia per garan-
tire pace, stabilità e benessere, sia per recuperare – per
chi ha meno a cuore (ma dovremmo averli tutti) i valori
di stabilità ed è invece più attento alle dinamiche compe-
titive – i valori più strettamente mercantili di questa Eu-
ropa, perché è quella che comunque ci consentirà di de-
finire le prossime regole del gioco negli scambi e nelle
economie a livello internazionale.
L’Europa, quindi, serve e conviene che esista. La questio-
ne dunque è un’altra: quale Europa? È questa l’Europa che
noi vogliamo, che ci serve? Certamente no, non ha l’au-
torità morale, non ha il rigore necessario, non ha gli stru-
menti istituzionali, non ha le leadership politiche neces-
sarie per fare quello che serve.
È un’Europa nata in maniera frettolosa, a differenza di
quella di cui parlava Quadrio Curzio, che ha ricordato
»
la memoria storica di alcuni
errori terribili tende a dilu-
irsi nel tempo e che i biso-
gni e la fame del momento
tendono anche ad acuire gli
egoismi e la visione di bre-
ve periodo rispetto ai valo-
ri, punti di riferimento idea-
li che rappresentano la vera
guida nei momenti di gran-
de crisi e di grande difficoltà.
Noi oggi stiamo vivendo, an-
zitutto, una grande crisi di
valori, poi una grande crisi
economica. Il mondo non ha
conosciuto poche crisi eco-
nomiche, nella storia ne ab-
biamo avute tantissime. An-
zi, negli ultimi tempi la storia
economica ha rispolverato
tutti i vecchi grandi classici
delle crisi strutturali. Quello
che cambia fra questa crisi e
quella dei tempi passati, an-
che meno remoti, è la velo-
cità drammatica con la quale
si sta riproducendo.
Oggi stiamo assistendo ad
un cambiamento di struttura
molto significativo, probabil-
mente permanente, in tempi
molto più veloci di quanto non sia mai accaduto. A questo
cambiamento di struttura, dove il potere economico si sta
spostando in maniera velocissima dal mondo occidenta-
le al mondo orientale, si accompagna anche uno sposta-
mento fortissimo degli equilibri geopolitici.
È ovvio che la caduta del Muro di Berlino, quindi della
situazione di equilibrio nucleare precedente, determina
oggi la dinamica di nuovi conflitti. C’è una Russia che sta
rispolverando una propria visione imperialista, non solo
economica, ma anche sempre più militare e geografica;
una Cina che non nasconde una propria egemonia, d’al-
tra parte la sua storia imperialista è parte del suo Dna.
Non possiamo, quindi, pensare di lasciare solo agli Stati
Uniti, che hanno dimostrato in tempi anche recenti, sem-
pre maggiore difficoltà di controllo, la capacità di fare i “po-
liziotti del mondo” o “l’esercito del mondo” in ogni caso.
L’Europa ha il dovere di svolgere un ruolo fondamentale,
soprattutto perché è al centro di un Mediterraneo che è
UN’EUROPA UNITA
CONVIENE ANCHE A QUEI
PAESI CHE OGGI PENSANO
DI ESSERE PIÙ FORTI,
PERCHÉ PRESTO NESSUNO
DI LORO SIEDERÀ PIÙ AL
TAVOLO DI QUELLI CHE
CONTANO
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