Civiltà del Lavoro, n. 2/2014 - page 63

CIVILTÀ DEL LAVORO
II - 2014
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DOSSIER
bene ha fatto, perché qualunque imprenditore impegna-
to a competere sui mercati sa perfettamente che la riu-
scita dei suoi sforzi dipende in larga misura dai suoi colla-
boratori. Le non poche imprese di successo che in questi
lunghi anni crisi sono riuscite a resistere e a imporsi an-
che all’estero sanno bene qual è la chiave del loro suc-
cesso: l’aumento del contenuto tecnologico dei loro pro-
dotti e dei saperi e del know how accumulati in azienda.
Ebbene, io credo che in queste esperienze imprenditoriali
positive sia racchiusa la formula della ripresa economica
nazionale e si delinei una possibile soluzione alla emor-
ragia di cervelli. In queste aziende, infatti, l’investimen-
to elevato nei contenuti tecnico-scientifici, commerciali,
organizzativi richiede l’impiego di risorse umane sem-
pre più qualificate e crea occasioni occupazionali di qua-
lità per i nostri giovani più dotati e preparati. Quanto più
questo modello imprenditoriale prenderà piede e tanto
più numerose e tanto più stabili e durature si faranno le
opportunità d’impiego per nostri laureati e diplomati. Le
imprese che hanno investito in tecnologie avanzate, che
hanno elevato il contenuto tecnologico sia dei processi,
sia dei prodotti, infatti, non hanno interesse a licenziare
una persona che è stata formata con cura e impegno al
suo interno, a volte anche per un lungo periodo. Sarebbe
un notevole danno per l’impresa, che perderebbe l’inve-
stimento fatto, dovrebbe ricominciare daccapo a formare
un altro lavoratore e vedrebbe portar via altrove, magari
in aziende concorrenti, il proprio know how.
Accrescere il livello di innovatività del nostro sistema pro-
duttivo, dunque, ritengo che sia un antidoto efficace con-
tro lo spreco di capitale umano e contro la precarietà del
lavoro. Perché questa soluzione possa realmente trova-
re applicazione, occorre però sostenere meglio i processi
di innovazione e di internazionalizzazione delle imprese,
soprattutto quelle di minori dimensioni che ancora sten-
tano ad adeguarsi al mercato.
Nello stesso tempo occorre colmare il “mismatch” tipi-
camente italiano tra offerta formativa e domanda di la-
voro, che è alla base della disoccupazione giovanile. Oc-
corre fornire alle imprese quelle figure specialistiche che
queste cercano e che scarseggiano sul mercato. Si trat-
ta sia di figure tradizionali, come export manager, giuristi
d’impresa, ingegneri ed esperti di software, sia di figure
nuove, di tecnici del futuro come i meccatronici o, ancor
più, di progettisti 3D, i tecnici, cioè, che serviranno in nu-
mero sempre crescente per quella che viene definita la
terza rivoluzione industriale. Ma si tratta anche di figu-
re dalle qualità ibride, di personale capace di apprende-
re sempre nuovi mestieri, di trasformarsi, di aprirsi a più
discipline e svolgere nuovi compiti. Sono figure di tecnici
specializzati sì, ma anche duttili e capaci di unire mecca-
nica ed elettronica, di ingegneri capaci di parlare le lingue
straniere e nello stesso tempo la lingua del marketing e
del commerciale, in grado di intendersi con clienti di al-
tri continenti e altre culture, di capirsi e dialogare con al-
tri ingegneri, ma anche con chimici, biologi, fisici, medici.
Decisive sono anche le cosiddette competenze trasver-
sali, cioè doti relazionali, creatività, duttilità e capacità di
lavoro di gruppo, di autonomia di giudizio e di problem
solving. Queste sono le condizioni di lavoro che possono
dare un futuro ai giovani e al nostro paese. In quest’ottica
scuola e università dovranno cambiare e formare sì figure
specializzate, ma anche persone più motivate e più aper-
te al cambiamento. Dovranno coltivare di più la curiosità
e l’autonomia, la intraprendenza e la meritocrazia. Occor-
re dunque un grande investimento collettivo. Più imprese
innovative ci saranno e maggiore sarà la loro domanda
di giovani qualificati da impiegare. Così si potrà restituire
una prospettiva ai nostri ragazzi e riaccendere in loro la
passione, che è il vero motore delle grandi sfide e delle
grandi conquiste della storia.
Angelo Michele Vinci è stato nominato Cavaliere del
Lavoro nel 2011 per aver fondato la MASMEC con
sede a Bari. Azienda altamente tecnologica per la
progettazione e la realizzazione di macchine e sistemi
automatici speciali per i settori auto motive
e fluid power.
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