Civiltà del Lavoro, n. 2/2014 - page 59

CIVILTÀ DEL LAVORO
II - 2014
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DOSSIER
Gabriele Galateri di Genola e Suniglia è stato
nominato Cavaliere del Lavoro nel 1999 per il suo
impegno nel settore della Telecomunicazione e
della Finanza. È stato Presidente di Telecom e
amministratore delegato di IFI e FIAT. È Presidente
di Assicurazioni Generali e del Comitato esecutivo
dell’Istituto Italiano di Tecnologia.
Appartengono all’IIT tre ricercatori che lo scorso anno han-
no vinto altrettanti ERC Consolidator Grants, il più impor-
tante finanziamento attribuito dal Consiglio Europeo della
Ricerca (ERC) a scienziati di elevato profilo per la realiz-
zazione di progetti scientifici d’avanguardia. Salgono co-
sì a sette i grant europei gestiti nell’ambito dell’Istituto.
Certo, l’IIT è una piccola parte del sistema della ricerca
italiana. Ma dimostra che cambiare è possibile, e in tem-
pi relativamente brevi. È chiaro che il tema dell’organiz-
zazione del sistema della ricerca italiana ha, da un lato,
un’intrinseca complessità e, dall’altro, non può prescin-
dere dallo sviluppo di una più robusta domanda di ricer-
ca avanzata e di know-how tecnologico d’avanguardia da
parte del sistema economico che va adeguatamente in-
centivata. Ma alcuni generali elementi di policy si posso-
no sommariamente indicare.
Per attrarre i cervelli occorre, prima di tutto, credere nell’in-
novazione e nella ricerca e investirci, tanto a livello pub-
blico quanto a livello privato. Secondo, è necessario stabi-
lire (e far rispettare) regole chiare e trasparenti: la prima
in assoluto è quella del merito, si premia chi va bene, si
penalizza chi va male. L’Anvur ha valutato la qualità della
ricerca di università e enti: è una buona base di partenza
per ancorare i finanziamenti ai risultati. Se non mettiamo
in pratica i meccanismi della premialità, alimentiamo de-
motivazione e fuga dei migliori.
Terzo, occorre dotarsi di sistemi permanenti di valutazio-
ne e di valutazione dei valutatori coinvolgendo i migliori
esperti internazionali.
Quarto, è essenziale sviluppare piani scientifici di livel-
lo internazionale e strutture adeguate: se ci sono gran-
di infrastrutture tecnico-scienti che i talenti stranieri non
ci snobbano.
Quinto, è indispensabile riconoscere ai ricercatori una re-
munerazione allineata agli standard internazionali. Non
è ammissibile che il valore di mercato di un ricercato-
re in enti pubblici e privati italiani sia un terzo più basso
che in Germania, la metà che negli Stati Uniti, un quin-
to che in Olanda.
Per ultimo, c’è da semplificare la burocrazia e smetterla
di trattare i ricercatori che vengono dall’estero (da fuo-
ri dell’Unione Europea, soprattutto) come migranti clan-
destini: avere il visto per uno scienziato che viene a la-
vorare in Italia dagli Usa o dall’Asia è più che un’impresa
kafkiana. Lo stesso, o anche peggio, vale per i pochi stu-
denti stranieri che frequentano le nostre università per
un dottorato di ricerca.
Se alla scarsità di prospettive d’occupazione aggiungiamo
anche le vessazioni della burocrazia, è più che compren-
sibile che anche per loro l’Italia si trasformi presto in un
ricordo e non in una scelta di carriera e forse di vita.
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