Civiltà del Lavoro, n. 2/2014 - page 57

CIVILTÀ DEL LAVORO
II - 2014
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DOSSIER
que orientato alle tecnologie hard piuttosto che a quelle
soft) e finalizzato a due obiettivi: l’eccellenza scientifica e
la disseminazione dei risultati di ricerca nel tessuto indu-
striale. In sostanza, si voleva introdurre nel sistema della
ricerca pubblica italiana un elemento di innovazione che
agisse da stimolo per le strutture già esistenti e magari
da modello per quelle future.
L’IIT doveva competere con i più bravi al mondo. Come?
Innanzitutto puntando sulla meritocrazia: la selezione dei
ricercatori avviene per annunci sulle più prestigiose riviste
mondiali; l’Istituto nel suo insieme, i dipartimenti, i pro-
getti di ricerca, i singoli ricercatori sono sottoposti a con-
tinua valutazione e verifica da parte di panel di scienzia-
ti esterni; se un dipartimento non è valutato all’altezza,
viene chiuso (ed è già successo).
Recentemente è stato lanciato un programma di “tenu-
re track” per pianificare le carriere dei migliori scienzia-
ti (al massimo il 15% dei ricercatori), anche qui con una
selezione rigorosa per la quale l’Istituto si avvale della
collaborazione di 150 esperti indipendenti internazionali.
Un Comitato tecnico-scientifico formato da scienziati di
tutto il mondo assiste nelle grandi scelte strategiche e
nell’approvazione del piano triennale fortemente multidi-
sciplinare e orientato a precisi ambiti d’avanguardia: dalla
robotica umanoide alle nanotecnologie, dalle neuroscien-
ze alle nuove sorgenti di energia portatili.
In secondo luogo, la gestione. Le risorse finanziarie dell’I-
stituto sono destinate per il 92% alle attività di ricerca, il
resto al funzionamento della macchina. Una proporzione
simile vale per la distribuzione del personale: delle 1.250
persone dell’IIT, l’85% è costituito da ricercatori e tecnici,
solo il 15% da staff di supporto amministrativo-gestiona-
le e da addetti a infrastrutture e servizi.
La combinazione di qualità del piano scientifico e rico-
noscimento ferreo del merito, di autonomia di budget
per ciascun dipartimento e disponibilità di infrastrutture
e strumentazioni d’avanguardia, di trasparenza della go-
vernance e remunerazioni adeguate agli standard euro-
pei ha fatto sì che in pochissimi anni l’Istituto abbia rag-
giunto livelli di competitività “world class” e sia diventato
una calamita di talenti. Il 44% del personale di ricerca,
infatti, viene dall’estero: per il 27% si tratta di ricercato-
ri stranieri, da 54 Paesi di quasi tutti i continenti; per il
17% si tratta di italiani rientrati dopo lunghe esperienze
internazionali. È straniero un terzo dei circa 420 studenti
di dottorato e borsisti
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L’ESEMPIO DELL’ISTITUTO ITALIANO DI TECNOLOGIA
DI GENOVA, CHE IN POCHISSIMI ANNI È DIVENTATO
UNA CALAMITA DI TALENTI STRANIERI,
DIMOSTRA CHE CAMBIARE È POSSIBILE
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