Civiltà del Lavoro, n. 1/2013 - page 75

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CIVILTÀ DEL LAVORO
VI - 2013
INTERVISTA
più difficili. Mi ritrovai così a essere un uomo solo al co-
mando, anche se supportato da una valida e affezionata
schiera di collaboratori.
Un altro momento difficile da affrontare fu quando nel
2008 l’Europa fu travolta da uno tsunami finanziario che
determinò una contrazione nelle vendite dei prodotti di
largo consumo. Fu allora che presi una decisione in con-
trotendenza, che si rivelò vincente.
Acquistai nuove linee di confezionamento portando all’in-
terno produzioni esterne e occupando in questo modo le
mie maestranze. Risultato: i miei operai non furono co-
stretti a rimanere a casa una sola ora e potemmo supe-
rare quel periodo approdando addirittura ai doppi turni.
Nel suo lavoro ha potuto assistere da vicino a cam-
biamenti nel costume degli italiani. Come sono cam-
biate, ad esempio, le abitudini nella cura per il corpo?
Nel secondo dopoguerra il cinema con le sue generose at-
trici impone nuovi modelli di fisicità femminile, ma è con
l’avvento dei grandi magazzini, aperti per la prima volta
in quell’epoca, che si comincia a creare una nuova imma-
gine ideale, una percezione dell’essere che passa anche
attraverso la cu-
ra della propria
immagine.
Da que l mo -
mento comin-
cerà a farsi stra-
da l’importanza
di aver cura del
proprio benes-
sere. La cosme-
tica diventerà
una parte ob-
bligatoria di un
costume sempre
più diffuso a tut-
ti i livelli sociali,
anche se ancora prevalentemente femminile. Oggi più
che mai la bellezza, intesa come cura del proprio aspetto,
è riconosciuta come valore ed è proprio per questo che i
cosmetici continuano a essere fondamentali nel costruire
la propria immagine.
Il sapone, i detergenti, i dentifrici, i solari sono oggi con-
siderati prodotti di prima necessità e di fondamentale
importanza per la prevenzione, nonché presidi insostitui-
bili per mantenere la salute e garantire il benessere. Il
mercato dei cosmetici deve essere attento tanto alla ef-
ficacia funzionale dei nuovi ingredienti, quanto alla loro
capacità di generare sensazioni piacevoli attraverso pro-
fumi, colori e texture.
La “Pasta del Capitano” e Carosello. Come nacque il
fortunato connubio?
Negli anni ‘60 il Carosello era una forma di pubblicità uni-
ca al mondo, non esisteva nulla di simile in nessuno degli
altri paesi industrializzati. Non si poteva esserne esclusi.
Ma la vera difficoltà era entrare a farne parte, vista la gran-
de richiesta da parte delle principali aziende italiane. Do-
vemmo pazientare due o tre anni, ma nel ‘64 finalmente
raggiungemmo la meta. Contrariamente ad altre imprese
che optavano per i cartoni animati, sgraditi a mio zio Ni-
co Ciccarelli allora presidente, scegliemmo delle storielle
divertenti nelle quali i protagonisti – oggi chiamati testi-
monial – erano prima Delia Scala e poi, fino al termine di
questa fortunata esperienza, Giorgia Moll e Carlo Dapporto.
Fin dalle prime uscite le vendite subirono una scossa elet-
trizzante, sembrava che tutto il Paese non potesse fare
a meno della nostra “Pasta del Capitano” o della “Cera
di Cupra”.
Quali sono gli
aspetti del suo
lavoro che la gra-
tificano maggior-
mente?
Posso accenna-
re all’acquisto,
nel 1997, da una
multinazionale in-
glese, la Rckitt e
Colman, del mar-
chio Mantovani.
La notizia fece
abbastanza scal-
pore perché era
avvenuta l’opera-
zione inversa alle tante che si erano verificate nel passa-
to. E cioè un marchio italiano invece di essere acquisito
da un’azienda estera, tornava in mani italiane.
Parlando invece del quotidiano, gli aspetti che maggior-
mente mi gratificano sono il poter lavorare insieme ai
miei figli che rappresentano la continuazione dell’azien-
da, il suo futuro. Un altro aspetto è la vicinanza quotidiana
con i miei dipendenti. Che non è solo una vicinanza fisica,
ma condivisione dei problemi aziendali e sincera parteci-
pazione agli aspetti personali e privati partecipando con
discrezione alle loro gioie e ai loro dolori.
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