Civiltà del Lavoro, n. 1/2013 - page 77

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CIVILTÀ DEL LAVORO
VI - 2013
INTERVISTA
tri per bere, lavarsi e coltivare. Spero di poter prosegui-
re su questa strada fino a installarne diecimila, di pozzi.
Lavoratore, benefattore e sostenitore dell’integrazio-
ne fra culture diverse. Il suo ritratto non corrisponde
all’opinione che il cittadino medio ha dell’imprendi-
tore. Come accorciare le distanze?
Il primo compito delle imprese responsabili è dare ai propri
dipendenti lavoro, sicurezza e ambiente pulito. Poi occor-
re guardare al territorio locale e quindi diffondere cultura
e benessere ovunque possibile. Mi spiego: se un’impre-
sa si comporta bene, ottiene in cambio più collaborazio-
ne e coesione, necessarie per fronteggiare le gravi sfide
che ci attendono. Inoltre l’impresa va rimessa al centro
dell’azione di sviluppo. De-
ve poter prosperare per ri-
dare alle persone speranze
e dignità, per generare risor-
se che avranno ricadute sul
territorio e sull’intera collet-
tività. Ma senza una svolta
istituzionale e politica, il fu-
turo sarà contrassegnato dal
declino.
Quali progetti ha per il fu-
turo?
Oggi come Cavaliere del La-
voro mi sento ancor più im-
pegnato di fronte al mio
Paese con rilevanti respon-
sabilità di uomo e imprendi-
tore. Cercherò di rappresen-
tare l’Italia al meglio delle
mie possibilità, nel quadro di
un made in Italy fatto di eccellenze, di volontà, dedizio-
ne allo sviluppo e al rispetto delle persone, valori ai quali
mi sono ispirato nella vita e nel lavoro. Lo devo anche ai
miei collaboratori, che mi dimostrano come in Italia sia
ancora possibile fare impresa anche in tempi di crisi. In
questi anni i risultati hanno premiato l’impegno e la de-
terminazione di continuare a investire sul territorio locale
con fatturato ed export in costante crescita, investimenti
e occupazione. Il mio auspicio per il futuro non può esse-
re che questo: stabilità e benessere, incremento dei posti
di lavoro a conferma di un’occupazione solida e costan-
te, visto che dalla nascita non abbiamo dovuto ricorrere
nemmeno a un giorno di cassa integrazione.
si governi, come ad esempio, ma non soltanto, in Cina.
Per tenerli a distanza dobbiamo continuare a distinguerci
e l’arma migliore è la qualità a 360 gradi: perciò l’intera
azienda è una squadra vincente. Qui siamo tutti consa-
pevoli che dare il massimo è la regola: la qualità si co-
struisce ogni giorno e le performance fanno la differenza
tra un’azienda forte e competitiva e una che verrà ineso-
rabilmente schiacciata dalla concorrenza sleale. Chi ci co-
pia logo, design, perfino imballi e codici a barre, non ri-
schia quasi nulla. La strategia quindi è una sola: investire
in creatività e flessibilità, valori inimitabili perché elemen-
ti distintivi del made in Italy.
La sua azienda ha dato la possibilità di bere acqua
pulita, e dunque di vive-
re, a tantissime popolazio-
ni disagiate. Quali episodi
l’hanno coinvolta emotiva-
mente di più?
Come nella produzione, la
nostra autentica vocazione
solidale è l’acqua. Nel mon-
do l’ “oro blu” è un bene ra-
ro e prezioso, che dà la vita
e restituisce la speranza. Per
questo cerchiamo di mettere
questa risorsa a disposizione
dei popoli e, con un’immagi-
ne insieme poetica e concre-
ta, far fiorire il deserto.
Ho vissuto questo miracolo
nella penisola arabica, uno
dei miei primi mercati, e
l’ho visto replicarsi in deci-
ne di Paesi. In Bangladesh,
per esempio, con la popolazione al limite della sopravvi-
venza, il distributore locale chiese di realizzare una pic-
cola elettropompa a basso costo, elevata portata e basso
consumo, per distribuire l’acqua e migliorare la produzio-
ne di riso. Dopo pochi mesi le prime pompe, al costo di
poco più di una pizza, erano già attive e trasferivano ra-
pidamente l’acqua tra le risaie, portando i raccolti da due
a tre all’anno. Il nostro impegno prosegue portando nel
mondo i nostri “mattoni di speranza”: ospedali, scuole,
centri di accoglienza e formazione e soprattutto i poz-
zi. Il “Progetto Acqua” ci ha permesso di realizzarne oltre
1.200 soprattutto in Africa e di rifornire oltre due milioni
di persone, non più costrette a camminare per chilome-
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