Civiltà del Lavoro, n. 1/2015 - page 18

CIVILTÀ DEL LAVORO
I • 2015
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ad altri paesi, specie del continente asiatico e africano. Ma
facciamo un passo indietro e ripercorriamo la storia dell’al-
levamento bufalino. Sulle origini in Italia, si nota come i
pareri siano discordi. Alcuni propendono per l’arrivo dei
bufali dal nordest con l’invasione degli Avari, popolo no-
made di origine asiatica giunto nel VI secolo ai tempi di
»
Aginulfo. La fonte citata è quella del monaco benedettino
Paolo Diacono che nella “Historia Landobardorum” scrive
che il sovrano longobardo avrebbe firmato un trattato di
pace “eterna” con il Chan degli Avari ricevendo in omag-
gio alcuni bufali. Altri affermano, invece, che il bufalo è
stato introdotto in Italia meridionale nel X secolo dagli ara-
bi che lo avevano in precedenza trasferito dall’Egitto. Di
certo il bufalo non è autoctono nel nostro paese, ma nel
passato era assai più diffuso, specie nelle zone paludose,
anche in Val Padana in prossimità dei corsi d’acqua, nel-
la Maremma toscana e nella paludi pontine, dove però
era prevalentemente adoperato quale animale da lavoro.
Con l’avanzare della bonifica idraulica l’area di allevamento
è andata via via restringendosi ad alcune zone della Capi-
tanata e prevalentemente in Campania nel Basso Volturno
e alle foci del Sele, tanto che se ne prevedeva addirittura
la prossima scomparsa. Ciò anche in conseguenza della
cosiddetta “riforma stralcio” che esonerava dall’esproprio
le aziende che avessero un adeguato rapporto fra capi di
bestiame allevati e superficie coltivata, ma doveva trat-
tarsi di bestiame bovino, non di bufali, considerati sinoni-
mo di agricoltura arretrata.
Ricordo un articolo dei primi anni Cinquanta apparso su “Il
Mattino”, il giornale di Napoli, con il titolo. “Al tramonto
il regno delle bufale”. E lo ricordo bene perché quel gior-
no discutevo la mia tesi di laurea sull’“allevamento bufa-
lino nelle mutate condizioni economiche e ambientali”.
Ebbene, non è andata così. Da allora la specie è cresciuta
di ben 30 volte, anche al di fuori delle tradizionali aree di
allevamento. E ciò soprattutto grazie al favore che ha in-
contrato il consumo delle mozzarelle di bufala, non solo
nel Meridione ma anche nell’Italia centrosettentrionale e
finanche in Europa e negli Stati Uniti. Senza sottovalutare
il miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie degli
allevamenti e neppure il contributo dato da tanti tecnici
e ricercatori. E veniamo alla mozzarella. Non sappiamo
chi l’abbia inventata, ma bisogna dare atto di una note-
vole inventiva da parte degli allevatori campani perché
L’EXPO È UNA VETRINA PREZIOSA PER FAR CONOSCERE
E DIFENDERE I PRODOTTI ORIGINALI GARANTITI DAI
DECRETI DI ORIGINE CONTROLLATA E DIFESI DAI CONSORZI
DI TUTELA CONTRO IL FALSO MADE IN ITALY
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