Civiltà del Lavoro, n. 1/2015 - page 21

CIVILTÀ DEL LAVORO
I • 2015
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duttività, aumentata in proporzioni inimmaginabili in pre-
cedenza, grazie agli apporti di ingenti quantità di fertiliz-
zanti, acqua irrigua, fitofarmaci e a un forte impiego di
risorse energetiche, per lo più di origine fossile: un pro-
cesso talmente dirompente da essere definito “Rivoluzio-
ne Verde”. Adesso il quadro è totalmente mutato. Se sap-
piamo che è necessario aumentare la produzione, siamo
anche consapevoli che oggi l’imperativo è produrre so-
stenibilmente: non più massimizzando a ogni costo le re-
se, ma ricercando il punto di equilibrio fra le risorse im-
piegate e la loro qualità, da un lato, e i prodotti ottenuti
e la loro qualità, dall’altro.
Il tema dell’intensificazione sostenibile, cioè di aumenta-
re la produzione di cibo senza danneggiare l’ambiente, è
oggi centrale. L’obiettivo è largamente condiviso, ma non
vi è ancora unicità di pensiero sulle strategie da adotta-
re. Indubbiamente occorre ripensare la produzione agri-
cola in chiave più consapevole e più rispettosa dell’am-
biente: perché essa sia effettivamente sostenibile, deve
fare maggior ricorso a fonti di energia rinnovabile, ridur-
re gli impatti negativi sull’ambiente, contenere gli input
e in primo luogo l’acqua irrigua, aumentare la resilienza
ai fenomeni climatici, ridurre gli sprechi e riciclare sotto-
prodotti e scarti.
Dunque, non esiste una ricetta univoca applicabile tout
court a ogni situazione e a ogni ambiente. Va ricercata la
soluzione più adatta per ciascun contesto, percorrendo più
strade – anche apparentemente lontane – che finiranno
per convergere sull’obiettivo finale della produzione so-
stenibile. Queste strade si chiamano risparmio energetico,
energie rinnovabili, corretta gestione delle risorse natu-
rali, valorizzazione della biodiversità, mitigazione dei cam-
biamenti climatici, riduzione dei rifiuti e loro reimpiego.
Ritengo che come europei, come italiani, non ci possiamo
sottrarre a questo compito. Il nostro Paese è giustamen-
te orgoglioso di prodotti come la pasta, l’ortofrutta e come
i capolavori lattiero-caseari che tutto il mondo apprezza.
Queste eccellenze vanno certamente difese e valorizzate
e l’agricoltura, in Italia, mai come in questo momento va
incoraggiata, anche per i benefici che può avere per la sal-
vaguardia di un territorio fragile come il nostro, ricordando
che è proprio l’agricoltura a garantire le maggiori esterna-
lità positive per l’ambiente e la collettività: valori spesso
non riconosciuti, che invece dovrebbero essere adeguata-
mente sostenuti.
Possiamo però proporre anche altro. La mia azienda, Agri-
consulting, che si occupa in tutto il mondo di servizi per
l’agricoltura e l’ambiente, partecipa a programmi di coope-
razione allo sviluppo fortemente improntati alla sostenibi-
lità. In Afghanistan dal 2010 assistiamo il Ministero dell’A-
gricoltura, affiancando i tecnici afghani nel recupero e nella
valorizzazione del germoplasma di pregevoli varietà locali
di alberi da frutto, dagli agrumi ai mandorli, pistacchi, albi-
cocchi, ciliegi, melograni e peschi.
Applicando tecniche moderne di biotecnologia e vivaistica
in sei centri di ricerca del Paese, contribuiamo al recupe-
ro di patrimoni genetici destinati altrimenti alla dispersio-
ne e orientiamo lo sviluppo della frutticoltura locale verso
varietà più promettenti e più adatte all’ambiente pedocli-
matico. In più, formando i tecnici afghani, miglioriamo la
loro professionalità e li addestriamo all’impiego delle tecni-
che di censimento e tracciabilità del materiale vegetale,
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