Civiltà del Lavoro, n. 2/2015 - page 44

CIVILTÀ DEL LAVORO
II - 2015
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INCHIESTA
Il welfare aziendale potrebbe essere anche una leva
per riformare lo stato sociale in un’ottica di spending
review per esempio in settori come la sanità?
Il welfare aziendale svolge da tempo un ruolo fondamen-
tale nel settore della sanità e in quello della previdenza
complementare.
Nella prospettiva di creare un equilibrato “mix” tra risorse
pubbliche e risorse private nel finanziamento del welfare,
i soggetti collettivi e i corpi intermedi trovano un terreno
fertile per radicare la loro presenza nel territorio.
In una logica di sussidiarietà le parti sociali possono svi-
luppare forme di mutualità che garantiscono al contem-
po maggiore uguaglianza sociale e migliore efficienza
nell’uso delle risorse.
A suo giudizio i sindacati e le organizzazioni impren-
ditoriali tengono nella giusta considerazione il welfa-
re aziendale o potrebbero fare di più per svilupparlo,
anche all’interno dei contratti di lavoro?
Le parti sociali potrebbero fare certamente di più, ma già
ora fanno molto. Per quanto vengano poco pubblicizzati,
i contenuti della contrattazione di secondo livello mostra-
no importanti novità. Non sono più dominati dalle que-
stioni salariali.
La contrattazione aziendale si svolge sempre di più su altri
due terreni: quello dell’organizzazione del lavoro e quel-
lo del welfare. Si tratta di cambiamenti significativi, che
testimoniano come la contrattazione si svolga sulla base
di una maggiore coincidenza degli interessi dei lavoratori
con quelli dell’azienda di appartenenza.
La dimensione delle imprese può essere un limite al-
lo sviluppo del welfare aziendale? Forme di aggre-
gazione distrettuale o reti d’impresa possono esse-
re una soluzione?
La fornitura di servizi sanitari e gli strumenti della previ-
denza integrativa sono regolati, per lo più, dai contratti
collettivi nazionali, che coinvolgono, per loro natura, an-
che i lavoratori delle piccole imprese, anche quelle che
non hanno contrattazione di secondo livello.
Per gli altri servizi di welfare (quelli della conciliazione, “il
carrello della spesa”, i servizi culturali e del tempo libero,
ecc. ) la dimensione dell’impresa è importante.
La grande impresa può stipulare convenzioni coi fornito-
ri dei prodotti/servizi e fare di conseguenza importanti
economie. Uno strumento adatto anche al mondo delle
piccole imprese è quello del “voucher”, il quale rappre-
senta (come il buono pasto) uno strumento per realizza-
re forme di quasi-mercato nel campo del welfare e che
potrebbe coinvolgere anche le piccole imprese. Purtrop-
po in Italia non è ancora molto utilizzato.
Che suggerimenti darebbe a un imprenditore che vo-
glia organizzare nella sua impresa un welfare azien-
dale efficace?
Esistono formule e strumenti diversi per organizzare il wel-
fare aziendale e ciascuna impresa deve scegliere quelli
più adatti alle circostanze e idonei a raggiungere i propri
obiettivi. L’importante è coltivare la cultura del welfare
integrativo e la condivisione dei bisogni e del benessere
dei propri dipendenti.
(p.m.)
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