Civiltà del Lavoro, n. 1/2014 - page 36

CIVILTÀ DEL LAVORO
I - 2014
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INCHIESTA
L’ECONOMIA
VERDE
CI
SALVERÀ
La green economy, afferma Aurelio Regina, vice presidente Confindustria per lo Sviluppo
economico e per l’Energia, rappresenta un’importante occasione per agganciare la ripresa
economica, grazie alla nostra leadership tecnologica nel settore dell’efficienza energetica.
pea dovrebbe trovare una sintesi tra le politiche ambien-
tali e quelle industriali: a tal proposito ricordo che con
l’“Industrial Compact” l’Europa mira a portare al 20% il
peso del manifatturiero sul Pil Ue al 2020. Un obiettivo
ambizioso, che deve essere sostenuto con politiche che
incentivino le aziende a investire nel nostro continente e,
al tempo stesso, scongiurare il rischio di delocalizzazioni.
È noto che le imprese italia-
ne paghino l’energia elettri-
ca il 30% in più rispetto ai
principali paesi europei. So-
no stati fatti dei passi avan-
ti per ridurre questo diffe-
renziale?
Finalmente, dopo anni di pro-
clami, qualcosa di tangibile è
stato fatto per ridurre questo
gap. Infatti, l’articolo 39 del
Dl Sviluppo ha introdotto una
rimodulazione degli oneri ge-
nerali del sistema elettrico a
favore delle sole attività pro-
duttive del settore manifattu-
riero più esposte alla concor-
renza internazionale.
Questo consente un giusto
adeguamento delle condizioni economiche applicate al-
le aziende “energy intensive” rispetto a quelle adottate
nei principali paesi europei, in materia di oneri fiscali e
parafiscali. Ora, però, ci aspettiamo che questo percorso
virtuoso prosegua, con l’adozione di un analogo sistema
di revisione dei criteri di ripartizione dei corrispettivi a co-
pertura degli oneri generali di sistema a carico dei clien-
ti finali di gas.
Nell’aggiornamento delle politiche climatiche ed ener-
getiche al 2030 discusso a gennaio scorso dalla Com-
missione europea, sono emerse alcune divisioni fra
gli Stati membri. Quali scelte potrebbero mettere in
difficoltà il nostro settore industriale?
L’impatto economico delle politiche per la sostenibilità è in
funzione delle caratteristiche strutturali di approvvigiona-
mento energetico e dell’as-
setto produttivo, quindi va-
ria per ogni Stato membro.
Sotto il primo aspetto l’Italia,
a causa del mix energetico
e della elevata dipendenza
dall’estero, rischia di dover
sostenere dei costi relativi
più alti per raggiungere gli
obiettivi di sostenibilità. Ri-
guardo l’assetto industriale,
invece, dobbiamo ricordare
che nonostante la crisi siamo
il secondo produttore mani-
fatturiero europeo, con una
quota di valore aggiunto in-
dustriale superiore rispetto ai
principali competitor europei.
Ecco perché temiamo, più di
altri paesi, il pericolo che le
politiche per la “de-carbonizzazione” si traducano in fe-
nomeni di delocalizzazione industriale.
Per scongiurare questo rischio è indispensabile che il tar-
get europeo di riduzione delle emissioni al 2030 venga
definito solo dopo la prossima Conferenza internazionale
sul Clima, in programma a Parigi nel 2015, in modo che
i target europei siano armonizzati con i vincoli ambien-
tali decisi a livello globale. Infine, la Commissione euro-
Aurelio Regina
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