Civiltà del Lavoro, n. 6/2014 - page 104

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INTERVISTA
CIVILTÀ DEL LAVORO
VI - 2014
Rosita Missoni Jelmini
Industria dell’abbigliamento – Varese
artistici
giochi
di
colore
Che ricordo ha dei primissimi anni di attività nel pic-
colo laboratorio di Gallarate?
Cento metri quadri di casa e 100 metri quadri di labo-
ratorio nel seminterrato del condominio. Iniziammo con
quattro macchine di maglieria che Tai (Ottavio) si portò
da Trieste e cominciammo facendo tute da ginnastica con
il marchio Jolly, ma facendo anche golfini per la boutique
della famosa sarta milanese Biki.
Il primo successo fu nel marzo del 1958 con un abito a
righe creato per “La Rinascente” in due versioni girocollo
e chemisier, interamente abbottonato sul davanti in due
fantasie, a righe piccole per la versione girocollo e a ri-
ghe “materasso” per la versione chemisier.
Primo ordine di 500 vestiti per “La Rinascente” con un’in-
tera vetrina dedicata.
Fu l’esordio del marchio Missoni in quanto i capi non fu-
rono consegnati con l’etichetta Jolly ma Missoni.
Negli anni Sessanta eravate già acclamati dalla stam-
pa internazionale. Quale aspetto, a suo giudizio, colpì
il pubblico di allora?
Sicuramente i giochi di colore – righe, fiammati – e la ri-
cerca o la riscoperta di materiali dimenticati come il lamé,
il tweed, il rayon applicati a silhouette giovani.
Come nacque la decisione di allargare la produzione
ai tessuti per arredamento e, più avanti, di esplorare
il mondo del teatro?
Nel 1973 ci fu proposto da Marvin Traub, allora presidente
di Bloomingdales, di creare una collezione di biancheria per
È una delle protagoniste assolute del successo
della moda italiana nel mondo. Insieme
al marito Ottavio Missoni, ha creato uno stile
all’avanguardia, elevato al rango di arte.
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