CIVILTÀ DEL LAVORO
II • 2014
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DOSSIER
FOCUS
PRIMO
PIANO
INCHIESTA
RITRATTI
stre esportazioni. Nel 2013, per la prima volta da sempre,
l'export verso i Paesi extra-europei supererà quello ver-
so i Paesi Ue. Si può aggiungere che l’export verso Paesi
oggi a elevata crescita – Cina, Giappone, Usa e Russia –
rappresenta circa il 25% del totale dell’export della moda
italiana. Rispetto a un decennio fa il quadro è cambiato,
la moda italiana è molto meno eurocentrica e comincia
a essere stabilmente presente sui mercati che crescono.
L'industria della moda italiana è, quindi, in una buona po-
sizione per cogliere l'opportunità offerta dal mercato in-
ternazionale. Vi è tuttavia anche un ostacolo: il livello del
cambio dell'euro, che malgrado le incertezze della crisi fi-
nanziaria resta elevato, sopravvalutato secondo molti ana-
listi contro il dollaro, frenando la competitività di prezzo
di tutte le esportazioni europee.
Entrano qui in gioco alcuni segnali importanti che regi-
strano un clima diverso dal passato riguardo alle politiche
del cambio e ciò forse a seguito della lezione giapponese
del Premier Abe, che in pochissimo tempo, dopo cinque
anni di deflazione, con provvedimenti sul cambio, ecc.,
ha realizzato come abbiamo detto risultati clamorosi. Ne
cito uno fra i più significativi. Il ministro Saccomanni il 5
novembre in un’intervista al “Financial Times” dichiara:
“Al momento l'euro è la valuta più forte al mondo, faccia
a faccia con il dollaro, il renminbi, la sterlina inglese e il
franco svizzero. Questo [il tasso di cambio dell’euro] deve
in qualche modo riflettere la percezione dell’andamento
monetario in Europa rispetto agli altri paesi e per il futu-
ro prossimo. Se (...) comprendo i mercati, vogliono vede-
re qualche azione concreta prima o poi e magari prima
della fine dell’anno”. Il quotidiano inglese coglie il peso
dell’affermazione del ministro e titola “Strong euro poses
risk to recovery, Fabrizio Saccomanni warns”.
Le azioni concrete prima della fine dell'anno attese da
Saccomanni sono quelle che può mettere in atto la Bce.
Questa affermazione di un ministro italiano è la rottura
di un tabù: la Bce dovrebbe, secondo Saccomanni, inter-
venire non più solo a difesa del valore interno dell’euro
(il target di bassa inflazione previsto dallo statuto del-
la Bce), ma anche con un obiettivo riguardante il valore
esterno dell’euro, cioè il cambio, che non è previsto dal
suo statuto ed è sempre stato escluso nettamente e con
forza dall'ambito degli obiettivi della politica monetaria
della Bce (mentre il cambio del dollaro è tra gli obietti-
vi espliciti della Fed e l’asse portante della “AbeNomics”
in Giappone).
Sembra, quindi, di poter dire che vi sia una nuova sensi-
bilità a considerare opportune azioni che indeboliscano a
breve termine il cambio dell’euro. Ciò sarebbe quanto mai
opportuno perché il cambio dell’euro con il dollaro Usa ha
raggiunto livelli insopportabili per la competitività del no-
stro sistema manifatturiero. Credo infatti che un cambio
che oscilla tra 1,37 e 1,39 ponga alla nostra filiera gravi
problemi e che sia prioritario intervenire al più presto per
riportarlo a un livello di maggior equilibrio. Agli attuali li-
velli del cambio l'incentivo a spostare le produzioni nelle
aree a valuta debole torna a crescere per i grandi brand,
ma al prezzo di un ulteriore indebolimento della filiera di
qualità italiana, che una volta perduta sarebbe lungo e
difficile ricostruire.
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