Civiltà del Lavoro, n. 6/2014 - page 81

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INTERVISTA
CIVILTÀ DEL LAVORO
VI - 2014
è stato poi aperto nel 1982 e da lì
abbiamo iniziato la nostra cresci-
ta in Oriente.
È difficile stringere relazioni con i
cinesi, ma se uno ci riesce e poi
si comporta bene queste relazioni
durano per una vita intera.
Con la Coscos abbiamo comincia-
to a lavorare insieme nel 1988 ma
senza un contratto: per loro una
stretta di mano aveva molto più
valore. Poi, nel 1995, la formaliz-
zazione della joint venture in Italia
sotto il nome di Coscos Srl (il no-
me proviene dalle lettere iniziali
dei rispettivi nomi: Cosco e Cosu-
lich). Dopo la joint venture si sono
susseguiti investimenti e iniziati-
ve imprenditoriali che hanno fat-
to della nostra collaborazione con
i cinesi un fatto quasi unico in Ita-
lia. Infatti, Coscos Srl è stata la prima joint venture tra un
imprenditore privato e un ente governativo cinese.
Fratelli Cosulich è un’azienda dal core business gioco
forza internazionale. La guida resta familiare. Con ri-
ferimento al settore armatoriale, è un modello da se-
guire oppure una fortunata eccezione?
La forza dell’economia Italiana, è inutile dirlo, sta nelle
società di piccole e medie dimensioni, molte delle qua-
li a carattere familiare, con tutti i loro problemi e difficol-
tà. Sono convinto che l’azienda a carattere familiare sia
un modello da seguire. È ovvio che non sempre è facile,
in quanto i passaggi generazionali sono difficili e biso-
gna essere veramente bravi per superarli. Noi abbiamo
resistito per 157 anni e abbiamo già risolto con successo
il passaggio alla sesta generazione. Questo è stato pos-
sibile in quanto tra noi – cugini della quinta generazio-
ne – c’è sempre stato rispetto e i compromessi, sempre
necessari, sono stati accettati con il sorriso sulle labbra e
senza astiosità. Per volontà di mio figlio abbiamo anche
frequentato corsi specializzati di Insead, che ci hanno in
parte insegnato come gestire i passaggi generazionali.
Inoltre, c’è sempre stata una regola nella nostra famiglia:
prima di tutto vengono l’educazione e il rispetto verso i
“vecchi“, cosa che peraltro è molto importante anche nel-
la cultura cinese.
rativa senza esperienza alcuna e
cercare di carpire segreti e trucchi
del mestiere, specialmente se que-
sta è straniera. Inoltre a quel tem-
po il mio inglese non era perfetto
e, quindi, in aggiunta alle difficol-
tà del lavoro c’era anche l’incon-
veniente di riuscire a comunica-
re. La tradizione di spedire i figli
all’estero continua tuttora. Mio fi-
glio vive a Singapore e lì dirige il
nostro ufficio, la mia prima figlia
studia in Spagna e la seconda, che
parla correntemente cinese, vive
a Shanghai. Gli ultimi due figli so-
no ancora in età scolare, ma l’in-
tenzione è quella di mandarli, non
appena finite le scuole, all’estero.
Ovviamente si fa tutto questo con
la speranza che poi questi giovani
rientrino in patria per dare il loro
contributo al nostro Paese e – se avranno la giusta moti-
vazione e capacità – alla nostra azienda.
Poco tempo dopo intraprese anche numerosi viag-
gi in Cina, stringendo le prime relazioni di quella che
sarebbe diventata una joint venture con il più impor-
tante colosso armatoriale cinese, la Cosco. Come era
all’epoca fare affari con la Cina?
Sono entrato in Fratelli Cosulich il 1° settembre 1980, do-
po il periodo di training a New York. Una delle prime co-
se che mio padre ha fatto è stata quella di consegnarmi
un biglietto omaggio Londra/Hong Kong della British Ca-
ledonian Airways, che inaugurava la tratta in questione.
Noi siamo anche agenti di viaggio e all’epoca venivamo
omaggiati di biglietti aerei in caso di eventi particolari co-
me questo. Fino a quella data nessuno della mia famiglia
mai si era recato in Estremo Oriente per motivi di lavoro.
Arrivato ad Hong Kong, alloggiavo all’Hotel Furama Inter-
continental, ho preso le Pagine Gialle della città e mi sono
annotato tutti gli armatori con i loro indirizzi. Li ho visitati
uno per uno cercando di capire cosa facevano e come si
potesse collaborare con loro. Tra questi c’era anche l’uffi-
cio locale della Cosco, che mi ha accolto con molto inte-
resse in quanto in quel periodo avevano gravi problemi
in Italia con scioperi nel porto di Genova e altro. Mi so-
no poi recato a Hong Kong varie volte; un nostro ufficio
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